A TUTTE LE DONNE PERCHÈ VIVANO

Coordinamento nazionale docenti della Disciplina dei Diritti Umani, in occasione del 25 novembre, data in cui ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le Donne istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999, vuole esprimere una propria riflessione, cogliendo l’invito dell’ONU a organizzare iniziative che sensibilizzino l’opinione pubblica sul tema e sottolineando, in particolare, l’importanza della formazione quale strumento basilare per prevenire fenomeni di prevaricazione e violenza.

La data del 25 novembre fu scelta in ricordo del brutale assassinio, avvenuto nel lontano 1960, delle tre sorelle Mirabal a opera di agenti al servizio del regime del dittatore Rafael Leonida Trujillo. Le tre sorelle, mentre si recavano a far visita ai mariti detenuti, furono bloccate sulla strada, condotte in un luogo nascosto, torturate, massacrate a colpi di bastone e, infine, strangolate. Gli assassini, successivamente, completarono l’opera gettando le loro vittime in un precipizio a bordo di un auto, tentando di simulare un incidente per occultare il brutale assassinio.

Dal 1960 sono passati tanti anni, ma purtroppo la violenza in genere e, in particolare la violenza sulle Donne, continua ancora a imperversare. E negli ultimi anni sembra che stia addirittura aumentando d'intensità. Non vi è giorno in cui non si parli di una Donna maltrattata, torturata, sfregiata, umiliata, violentata, costretta in schiavitù fisica o morale.

Donne costrette a vivere una situazione di violenza tra le mura domestiche; Donne cui si nega la libertà di porre fine a un rapporto sentimentale, Donne sfregiate, picchiate, uccise; Donne costrette a prostituirsi; Donne, ma sarebbe più giusto dire bambine, costrette a matrimoni con uomini molto più grandi di loro; Donne che giungono sui barconi della speranza, se riescono a sopravvivere, violentate e depredate della loro dignità; Donne mutilate nella loro femminilità; Donne violentate brutalmente nelle nostre civili metropoli e abbandonate come stracci, come cose inutili, come oggetti…. Madri, figlie, sorelle, amiche, compagne, mogli… Donne. Donne violate, Donne umiliate, Donne brutalizzate, calpestate, terrorizzate, uccise due, tre, dieci, cento, mille volte, non solo fisicamente, ma anche moralmente.

È difficile scrivere della violenza sulle donne in un mondo che non cessa di usare violenza. Cosa dire più di quanto non ci venga quotidianamente somministrato dai mezzi di informazione; dagli interventi di sociologi, psicologi, psichiatri, criminologi, avvocati, magistrati, politici nel corso delle tante trasmissioni dedicate all’argomento… Cosa aggiungere di più alle immagini che ci giungono brutali nella loro efferatezza? E allora appare naturale porsi qualche domanda. Perché, nonostante se ne parli continuamente, la violenza non accenna minimamente a fermarsi? Perché evidentemente occorre avere maggiore attenzione a un altro aspetto fondamentale per una crescita sana ed equilibrata e improntata al rispetto dei valori umani. Perché occorre privilegiare la formazione oltre che l’informazione. Informare e formare. Due verbi quasi simili che indicano, tuttavia, due attività profondamente diverse tra di loro, ma altrettanto essenziali al punto che una non può prescindere dall’altra.

Informare è sicuramente giusto, è espressione di civiltà e di libertà. Ma l’informazione, se non adeguatamente equilibrata con una formazione umana e culturale al rispetto della vita, conduce con sé il rischio terribile e sconvolgente dell’assuefazione e della impermeabilizzazione alle notizie tragiche, notizie recepite durante la cena o il pranzo in famiglia al pari di un viaggio all’estero del Capo dello Stato piuttosto che della vittoria della propria squadra di calcio. Mera cronaca quotidiana da archiviare velocemente dopo un breve attimo di commozione.

Sovviene, allora, la formazione. Dopo l’imprescindibile opera della famiglia, va riconsiderata e sorretta la paziente opera dei docenti, sì quei docenti spesso vilipesi, quei docenti che nonostante le mille difficoltà quotidiane, continuano a dare il massimo ai loro allievi per formare alla comprensione, alla solidarietà, alla tolleranza, all’accettazione, in due parole al Rispetto e alla Umanità. Perché formare è un’attività impegnativa e faticosa, ma consente di sviluppare oltre all’humana pietas, anche la consapevolezza di aver contribuito a prevenire gesti di prevaricazione e prepotenza e a favorire il dialogo, l’ascolto e il rispetto e la libertà altrui. Perché se è vero, come è vero, che l’Istruzione rende liberi, è altrettanto vero che la Cultura rende Uomini e Donne liberi. E quando si conosce, si apprezza e si fa proprio il valore della libertà, niente e nessuno potrebbe mai convincere, anche solo di pensare, di privarne l’altro con la violenza e la sopraffazione.

Vogliamo dedicare questa riflessione a tutte le Donne che spariscono, ma risorgono dalle loro ceneri, come l’araba fenice, per rendere la loro testimonianza e rivendicare con fierezza la loro libertà e la loro dignità in ogni momento, in ogni attimo, in ogni gesto, in ogni gioia e in ogni dolore. Vogliamo dedicare questa riflessione a tutte le Donne perché vivano.

Elisabetta Barbuto

 


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