Trentasette primavere

Dal Volume “Qualcosa di inabitato” Edizioni EDB, Milano 2013
Stelvio Di Spigno

Dicono che fu uno stillicidio in mare aperto,
il capitano di corvetta Costigliola fu preso dall'Egeo
che goccia a goccia gli instillò la morte
sul viso, tra i capelli, nell'amore, i ricordi, le parole.

Mio padre, diviso, piangeva alla televisione. Erano amici.
Mai s'erano ubriacati, nè picchiati, ma Silvio lo amava,
Lo leggeva, come neanche la moglie, come neanche i figli
epoche ed epoche dopo.

A trent'anni la vita si spezza e non si rialza. Lo vedo da me,
coricato in questa clinica per dementi di cuore, per afflitti
da vene in coma e otturazioni di arterie. Dicono: realizzati.
Fatti avanti, fai del tuo, e se puoi, anche del mio.

Intendono soldi, successo, amore. Oroscopi delle speranze
scadute tra le mani. Ma qui ci si ferma in tanti,
e non c'è bisogno di documenti per capire
che la speranza è andata in pezzi e che sei ancora giovane.

Troppo per morire, troppo poco per rinascere, trasportato
verso il pianto, resta in bocca un sapore
di credenza, di infanzia, di biscotti e lacrime a merenda.
Dobbiamo starci e far sì con la testa, ognuno ammalato
di destino, con una crepa al centro della festa, tutti
affondati nell'Egeo nel mezzo del cammino.