Periferia: basta la parola?

La prima impresa che proporrei è l’abolizione del termine “periferia” - ha scritto Marina Terragni (Un “ghetto” di nome periferia, Io Donna-Corriere della Sera, 2 agosto 2014). Allora, per risolvere il problema della disoccupazione, la prima cosa da fare sarebbe abolire il termine “disoccupato”? Mah! Classe dirigente – Ma, al di là dei termini, possiamo dire che la periferia è l’esito del disinteresse della città nel suo complesso e, in particolare, della sua “classe dirigente” – certo “politica”, ma anche economica, culturale e dell’informazione – nei fatti da sempre “centrocentrica”.

Il fiume Seveso continua ad allagare (sette volte negli ultimi due mesi): ma se le sedi di Palazzo Marino, Fondazione Cariplo e Corriere della Sera fossero state a Niguarda e dintorni – invece che in “centro” – il problema Seveso sarebbe rimasto irrisolto, da cinquant’anni?  

Moda – Ma le periferie fanno parte della città, di Milano? Nell’estate 2013, Beatrice Trussardi – dell’omonima casa di moda –  affermò: Che cosa fa Milano per la moda? Zero, zero, zero. Ma, proviamo a modificare la prospettiva: la moda può fare qualcosa per Milano, per le periferie, per esempio proprio a Niguarda? Qui si trova la settecentesca Villa Clerici, che questa estate è stata splendido scenario di una apprezzata rappresentazione di “Elisir d’amore”. Allora, perché non fare una visita? Saremmo lieti di accompagnarla, e i milanesi sentirebbero la moda più “vicina”. 

Periferie – Solo Niguarda? Dal nord al sud, dall’est all’ovest, la periferia è un brulicare di presenze con centinaia di associazioni e decine di migliaia di persone che vi operano, che la animano, che la vivono. Ma Milano è «come un operoso alveare, con tante celle che non comunicano tra di loro. Una Milano che non fa sistema, (...) che per farlo deve guardare oltre la cerchia delle mura spagnole» (Indagine Ipsos). Cioè, avere anche un “orizzonte periferico”, anche uscendo da «una certa autoreferenzialità con la quale spesso si muovono le singole associazioni», come evidenziato dal sociologo Aldo Bonomi.  

Forse è per questo che l’architetto e senatore a vita Renzo Piano va da tempo affermando che le periferie sono il problema dei prossimi trent’anni. Forse è per questo che Papa Francesco invita ad «andare nelle periferie». Forse è per questo che il Cardinale Tettamanzi già nel 2003 evidenziò che il problema delle periferie ci tocca un po’ tutti. E tutti noi siamo chiamati a capire che cosa possiamo fare concretamente perché questi agglomerati diventino più vivibili e più umani (...) dare vita a momenti di aggregazione e di cultura (...) affrontare i problemi urbanistici ed economici, dedicando il Discorso alla Città del 2006 - presente tutto lo “stato maggiore” milanese - al tema “Dalla Periferia al cuore della Città”. Ma, non ci pare che abbia avuto molto seguito. 

Invito – Certo, - come commentava Massimo Rebotti (Corriere della Sera, 23 dicembre 2011), - pensare a una città partendo dalle periferie è molto più complicato che prometterlo. Ma, questa è la sfida da raccogliere e che Consulta periferie Milano, in questo decennale di attività, sarà lieta di condividere con sempre nuovi compagni di viaggio, in quella che è un’umana avventura.      

Walter Cherubini - Consulta Periferie 

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