LA BAMBINA E IL SUO CARNEFICE 3

Otto anni, aveva avuto Francesca; e lui ne era stato innamorato pazzamente, perdutamente. 
Tutto era cominciato due anni prima, quando nell’appartamento accanto al suo era giunta una nuova famiglia. Francesca era allora una bambina di sei anni e i suoi genitori avevano pochi più anni di quanti ne avesse lui. Le due famiglie: quella della bambina e quella del ragazzo avevano stretto amicizia. Il padre e la madre di lei non ci vedevano nulla di male nel fatto che la loro figlioletta avesse preso l’abitudine di passare parte del suo tempo in compagnia di quello che era in pratica un loro coetaneo. In quanto a lui non chiedeva di meglio, la compagnia delle ragazze essendogli preclusa per via della sua grande timidezza che sembrava renderlo inadatto ai rapporti con le sue coetanee. Il candore di lei, invece, la sua curiosità, la sua allegria erano contagiose e venivano trasmesse anche a lui, dandogli speranza e fiducia nei confronti dell’esistenza. In quei momenti confusamente pensava a quando lei sarebbe cresciuta e diventata adulta. Che sarebbe accaduto, allora? Lo avrebbe forse messo da parte come un vecchio e ormai anacronistico pupazzo? Oppure l’amicizia e l’affetto che ora provava per lui si sarebbe trasformata in qualcos’altro, in qualcosa chiamato amore? Gli sembrava che questo sarebbe stato un fatto ineluttabile, un passaggio obbligato. Ma si sa: il carattere di una persona in crescita muta con il passare degli anni. E lui sarebbe intanto diventato sempre più vecchio, sempre più inadeguato alle nuove esigenze della ragazza. Oramai l’uomo aveva raggiunto una età nella quale il desiderio per l’altro sesso si mescola e si confonde tra quello verso una moglie e quello verso una figlia. Entrambe le cose erano state da lui confusamente desiderate, ma né l’una né l’altra avevano finito per realizzarsi. L’uomo pensava che nella vita alcuni devono soffrire perché altri possano gioire. A lui era capitato il ruolo più triste. Non gli restava che chinare il capo di fronte alle avversità dell’esistenza così come un giunco che si pieghi al sibilare del vento, aspettando che questo passi. Ma sarebbe mai passato? Ah, se fosse cessato all’improvviso in maniera che il giunco piegato, raddrizzatosi di colpo avesse potuto staffilare tutti coloro che gli ronzavano attorno inopportuni e fastidiosi.

Sorrise, con amarezza. Il vento, anziché diminuire, era aumentato talmente di intensità da piegarlo fino a spezzarlo. L’essere che per lui era tutto, il sole attorno al quale ruotare per scaldarsi al suo tepore, gradualmente si stava raffreddando nei suoi confronti. Aveva compreso, con sgomento, che la bambina negli ultimi tempi non gradiva più la sua compagnia come invece avveniva in un tempo non lontano. Era diventata strana, evasiva, e lui ne aveva scoperto la ragione: si era invaghita di un suo compagno di scuola suo coetaneo. Bruscamente tutto il suo castello di carte era crollato, mostrando su ciascuna di esse il medesimo segno: picche. Aveva cercato una soluzione, senza però trovarla. Così ecco presa la decisione, per lui inevitabile: invitare Francesca a fare una passeggiata chiarificatrice. 

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