Periferie, Anno Zero?

Non si può dire che non si parli di periferie. Ma, sembra sempre di ripartire un po’ da capo. Poi, c’è una specie di incomunicabilità tra gli addetti ai lavori, sia istituzionali, sia “tecnici”.

E i Municipi che ruolo hanno? Prosegue “Test Niguarda per le Periferie”.

Di Periferie se ne parla, indubbiamente. Ma a che punto siamo? Perché sembra sempre un po’ di ricominciare da capo. Quasi esistesse una difficoltà “strutturale” a comunicare, a parlarsi anche tra addetti ai lavori, sia istituzionali, sia “tecnici”. In merito, alcune considerazioni.

1 - Piano Periferie nazionale

Il Piano Periferie nazionale prevede uno stanziamento complessivo di 2,1 miliardi per 120 progetti di riqualificazione delle periferie per il 2018. Ma, lo scorso mese di agosto, nell’ambito del Decreto Milleproroghe, il Senato ha votato all’unanimità un emendamento che, nei fatti, fa slittare 96 progetti al 2020. Ciò ha innescato le proteste di Sindaci e Presidenti di Provincia, che si sono visti togliere quanto precedentemente assegnato a seguito della presentazione dei progetti messi a bando. Statisticamente, non si tratta di grandi cifre. Per il Comune di Milano, che ha un bilancio annuo di circa 3.100 milioni, si tratta di 18 milioni, tenendo conto che per il solo Giambellino sono previsti interventi per circa 100 milioni, nell’ambito di un più vasto Piano di interventi in altri quatto aree cittadine per 296 milioni complessivi. Certo, 18 milioni fanno la differenza per gli abitanti del Quartiere Adriano che, infatti, hanno protestato. Ma, al di là del caso milanese, l’impressione è che tra i vari livelli istituzionali - centrale e locali - non ci sia grande comunicazione e, soprattutto, condivisione operativa, visto anche il fatto che l’emendamento è stato votato dai Senatori all’unanimità.

2 – Incomprensioni “tecniche”

Ma, anche i “tecnici” non sembrano passarsela meglio. Da questo punto di vista, al di là dei giudizi di merito, rimaniamo perplessi rispetto ad interpretazioni del lavoro dell’Architetto Renzo Piano, paladino del “rammendo delle periferie”. Qual è il metodo di Renzo Piano? La presentazione del relativo intervento nel 2015 al Giambellino (quattro giovani architetti all’opera per un anno) specifica: «L’intervento del G124 mira (…) a dimostrare come, operando dal basso, sia possibile migliorare la qualità dei quartieri attraverso interventi di “rammendo” e piccoli progetti di “innesto”. Questo approccio non ha bisogno di grandi finanziamenti e di grandi progetti di pianificazione: nasce nel quartiere e opera per mezzo di micro?cantieri partecipati» (Ottavio di Blasi, G124 del Senatore Renzo Piano).

Insomma, il “rammendo” prevede interventi leggeri, con partecipazione dal basso. Eppure, come detto, proprio da addetti ai lavori - e non sono casi isolati - emergono riferimenti a Piano che non avrebbero motivo di essere. Per esempio:

- «Il dibattito sulle periferie urbane pecca sempre di un eccesso di misura: gli architetti, anche i più generosi come Renzo Piano, propongono grandi trasformazioni, interventi di peso, inserimento di funzioni di eccellenza, stravolgimenti dello spazio collettivo» (Elena Granata, Politecnico di Milano – Milano 2016. Rapporto sulla città);

- «Non sono rammendi (riferendosi a Renzo Piano, ndr) bensì nuovi tessuti che intrecciano e riutilizzano fili, materiali o intangibili, che già c'erano per ricreare una nuova trama di un piano, di istituzioni, di genius loci» (Ilda Curti, Fondazione Cariplo – Prima Conferenza nazionale sulle Periferie urbane 2018).

Allora, questo dibattito “a distanza” non sembra aiuti molto la chiarezza e, soprattutto, chi abita in periferia. C’è un vizio nella comunicazione “virtuale”: si dice, ma non si ascolta, non ci si incontra, non ci si confronta.

3 – Periferie e Municipi

Rimanendo al Giambellino, crediamo sia opportuno cogliere quanto risposto da Santo Minniti, presidente del Municipio 6, ad alcuni abitanti del quartiere: «Non ho sempre gli strumenti per risolvere ma mi sforzo di avere gli strumenti per ascoltare». Allora, ascoltare è un presupposto importante, ma poi diventa essenziale avere gli strumenti per risolvere (e, per esempio, in tema di case popolari, uno dei più grossi problemi che i Municipi si trovano ad affrontare, i Municipi medesimi non hanno alcuna competenza). Ed il punto è proprio che l’organizzazione comunale non è strutturata per agire in maniera coordinata ed organica nelle periferie.

4 – “Test Niguarda per le Periferie”

E il tema dell’organizzazione dell’Amministrazione comunale e del ruolo dei Municipi - che rimane un po’ ai margini, surclassato dalle “cose da fare” - è centrale rispetto al tema delle periferie: le periferie sono diverse l’una dall’altra, ma hanno in comune la mancanza della cosiddetta “governance”, come rilevato dalla Commissione Europea 2001.

Allora, per favorire un dibattito e un confronto “ravvicinati”, prosegue il ciclo “Test Niguarda per la Periferie”, avviato da Consulta Periferie Milano con la collaborazione di varie realtà operanti a Niguarda e con la partecipazione delle Istituzioni (Comune e Municipi). Il “4° test” è proprio sul tema “MUNICIPI, ENTI UTILI?” (Martedì 25 settembre 2018, ore 21 - Centro Culturale della Cooperativa, Via Hermada 14 a Niguarda). Rammentiamo che il “ciclo” è dedicato all’approfondimento di specifiche tematiche e che potrà anche essere di supporto al “test” di Niguarda, quartiere indicato dal sindaco Sala a seguito di una richiesta di Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, che ha proposto di concentrare gli sforzi su un ‘quartiere test’ per rendere visibili i miglioramenti e realizzare un modello di riferimento e di intervento.

Quindi, un percorso che da Niguarda ha come orizzonte tutte le periferie di Milano.

Walter Cherubini

Consulta Periferie Milano


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