GUERRA E PACE - Lev Tolstoj

La letteratura universale
a cura di Stelio Ghidotti

INCIPIT
“Ebbene, principe, Genova e Lucca non sono più che appannaggi, possedimenti della famiglia Bonaparte. No, vi prevengo che se voi non mi dite che avremo la guerra, se voi vi permetterete ancora di palliare tutte le infamie, tutte le atrocità di questo Anticristo (parola d’onore, lo credo tale), non vi conosco più, non siete più mio amico, non siete più il mio servo fedele, come voi dite. Suvvia, buon giorno, buon giorno. Vedo che vi faccio paura. Sedetevi e raccontate”.
Così diceva nel giugno del 1805 la famosa Anna Pavlova Scherer, damigella d’onore e familiare dell’Imperatrice Maria Feodorovna, accogliendo il grave e carico di titoli principe Basilio, che era giunto per primo al suo ricevimento. Anna Pavlova tossiva da qualche giorno, aveva la “grippe”, come diceva (grippe era allora una parola nuova, adoperata solo da pochissime persone). Nei bigliettini, mandati alla mattina per mezzo di lacché in livrea rossa, era scritto a tutti senza alcuna differenza:   
“Se non avete niente di meglio da fare, signor conte (oppure mio principe), e se la prospettiva di passare la sera in compagnia d’una povera ammalata non vi spaventa troppo, sarò lieta di una vostra visita fra le 7 e le 10 di questa sera. Annette Scherer”.      
 
 
 
FINIS
Nikolenka era stato preso dallo spavento e si era svegliato.” Mio padre”, pensò. “Mio padre (benché nella casa ci fossero due ritratti somiglianti, Nikolenka non s’immaginava mai il principe Andrea in una forma umana), mio padre era con me e mi accarezzava. Egli mi approvava. Approvava lo zio Pierre. Qualunque cosa egli dica di fare, io la farò. Muzio Scevola lasciò ardere la sua mano. Ma perché dunque nella mia vita non potrebbe avvenire la stessa cosa? Lo so, essi vogliono che io studi e io studierò. Ma un giorno o l’altro smetterò, e allora potrò agire. Solo una cosa chiedo a Dio: che avvenga di me ciò che avvenne agli eroi di Plutarco, e io farò come loro. Farò meglio di loro. Tutti lo sapranno, tutti mi ameranno, tutti mi ammireranno”. E a un tratto Nikolenka sentì che i singhiozzi gli serravano il petto, e pianse.
“Siete indisposto?” domandò la voce di Dessalles. “No” rispose Nikolenka, e si adagiò sul guanciale.

“Egli è buono e bravo, io gli voglio bene” pensò di Dessalles. “E lo zio Pierre? Che uomo meraviglioso! E mio padre? Mio padre! Mio padre! Si, io farò qualcosa di cui anche “lui” sarà contento…” Omissis.  

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