La coda del drago 12

L’appuntamento lo avevamo fissato per quella sera alle otto e mezzo. Bill stava giusto uscendo dall'edificio di mattonelle gialle quando mi vide e mi venne incontro.

- Hai trovato qualcosa, mi dicevi prima?

- Sì, Bill. Qualcosa che può contribuire a risolvere questo maledetto caso. Tolsi da sotto la coperta la statuina e indicai il punto nella coda dove mancava una scheggia.

- Vedi? – gli feci notare. – Ti sembra che la scheggia ritrovata nella vagina della bambina possa provenire da qui?

Il mio amico non rispose subito, perché intento a osservare l'oggetto con attenzione. Poi disse: - Sì. Credo proprio di sì. La scheggia è delle medesime dimensioni dell’incavo qui presente.

- Dobbiamo far esaminare con la dovuta attenzione questa parte della coda alla ricerca di tracce di sangue che siano compatibili con quello appartenuto alla povera Angela. Possiamo andare in laboratorio?

Lui annuì. - Sì. Vieni. Occultò la piccola scultura sotto la giacca e insieme varcammo la soglia dell'edificio. Un agente di guardia che non era Lambert salutò Bill e guardò me. Io salutai lui e guardai Bill, affiancandolo e seguendolo lungo il corridoio che conduceva al laboratorio. C'era poca gente a quell'ora, sebbene il lavoro potesse anche rallentare ma mai fermare. Perché in ogni momento della giornata il crimine presenta i suoi conti, e ci deve essere sempre la controparte atta a contrastarlo. Bill Howard spinse una porta ed entrò. Poi accese le luci al neon, che illuminarono ed evidenziarono una sala di laboratorio, fredda come le fredde luci che la illuminavano. Il mio amico tolse la statuina da sotto la giacca.

- Quindi, l’avresti rubata? - chiese.

- Modifica pure la declinazione del verbo - precisai.

- In caso di furto non credo che una prova nella forma presente, seppur rilevante, possa ritenersi valida.

Mi urtai.

Ascolta, Bill: mi si è presentata l’occasione per farlo e quindi l’ho portata via. Voglio sapere il più possibile su questo maledetto oggetto, e al più presto.

Il mio amico non commentò. Si avvicinò invece al banco dove campeggiava un microscopio e mise sotto la lente la coda del drago. Poi vi passò sopra una sostanza che non sapevo identificare e: sempre con l’ausilio del microscopio fece le sue rilevazioni. La faccenda durò una buona mezz’ora, poiché bisognava aspettare che la soluzione utilizzata da Howard decantasse.

- Se si tratta di Barlett, sarà uno di quegli scandali che faranno tremare Hollywood, Lew.

- Hollywood non è nuova a scandali del genere. Pensa a Fatty Arbuckle – gli rammentai.

- Già. E non è stato il solo. Ma questo è peggio. Perché qua la vittima è una bambina di dieci anni, e lui un attore noto al grosso pubblico che ha riscosso successo con film per ragazzi. E adesso si scopre che si tratta di un mostro…

Restammo a riflettere per diverso tempo. Quindi Bill si alzò e andò a controllare la soluzione chimica. Mise delle gocce sopra una striscia di garza, e la confrontò con un liquido rinchiuso in una boccetta presa dall’armadio. Poi tornò a controllare la prima soluzione e scosse la testa, tristemente.

- Il sangue è dello stesso tipo, Lew. Appartiene alla piccola Angela.


Antonio Mecca


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