LA FATICA DI ESSERE UN MILLENNIAL
- 28 dicembre 2019 Cultura
Il frenetico galoppo impresso alla nostra società fa sì che i tempi dei cambiamenti sociali, culturali e di mentalità di una generazione - un tempo calcolata attorno al quarto di secolo - si siano oggi ridotti a meno una quindicina d’anni.
Tuttavia, ai fini di una valutazione, e per inquadrarne i protagonisti, è stato adottato un periodo di tempo più ampio: i nati tra il 1945 e il 1964 vengono chiamati Baby-Boomer; quelli nati tra il 1964 e il 1980 Generazione X; Millenials (o Net Generation) i nati tra il 1980 e la metà degli anni ’90; seguiti dalla Z Generation.
Ebbene, sono proprio i Millenials che vedono con pessimismo l’anno che si sta concludendo e quello che inizia. Per la prima volta nella storia recente, infatti, questa generazione vive una condizione economica e lavorativa peggiore di quella dei genitori e dei nonni. Un limbo di precarietà, di lavoretti, di contratti a termine; anni passati senza poter lasciare la famiglia di origine e crearsene una propria. E anche quando ciò avviene, spesso accade con il supporto finanziario di genitori e nonni.
Se oltre la metà degli italiani (il 53%) è afflitta da preoccupazioni economiche, “solo” il 47% dei Baby-Boomer ha problemi se si tratta di affrontare una spesa imprevista, mentre per i Millenials la percentuale sale a 62; quasi due su tre, quindi. Un miraggio acquistare un alloggio, godere di una pensione confortevole, di assistenza socio-sanitaria adeguata, considerata la crisi progressiva del Servizio sanitario nazionale e del welfare in generale. Addirittura per oltre un quarto è difficile affrontare le spese per i regali e i pranzi delle Feste.
I giovani dai 23 ai 38 anni si rendono conto che la qualità di vita è superiore a quella dei loro genitori: ma il non poterne godere appieno, il non avere ragionate certezze sul futuro, l’essere privi di riferimenti solidi nel presente, è fonte di frustrazioni e di tensioni familiari. Si moltiplicano gli ‘sballi’ nelle movide che pullulano in ogni città, l’uso di droghe più o meno ‘leggere’; con la politica che tace. Ed anzi continua a scaricare sulle generazioni a venire i problemi che non è in grado di affrontare. Val la pena di ricordare che i contributi di chi lavora servono a pagare non le proprie pensioni future, ma quelle di chi ne usufruisce oggi.
È comprensibile quindi il sentimento di disaffezione, di distacco se non di ripulsa nei confronti delle istituzioni che vengono intese come distanti, se non addirittura ostili.
Achille Colombo Clerici