Ricordi Romani

La mia prima volta a Roma è stata nel luglio del 1987. La primissima invece nel settembre 1974. Ricorreva il ventennale del matrimonio dei miei genitori, e così mio padre prese la decisione di recarci a Roma per la felice ricorrenza. Come al solito, senza prenotazione alcuna. Partimmo da Amalfi dove ci eravamo recati per una visita lampo con corrispettivo di multa per sosta vietata e, sempre sulla nostra 850 bianca come la cavalcatura di Cocco Bill, ci avviammo nel tardo pomeriggio in direzione della capitale. C'era il sole quando partimmo, ma non quando arrivammo, perché erano ormai le ventidue e il buio del cielo veniva svelato dalle luci dei lampioni prima e da quello della città eterna poi. 
Ricordo, fra le prime cose che vidi, facciate di antichi edifici color pane abbrustolito, e l'emozione che doveva prendere i miei genitori nel rivedere Roma e quella che prendeva mio fratello e me nel vedere per la prima volta dal vivo quella città che avevamo visto decine di volte in Tv o al Cinema. Doveva fare molto caldo, in quella sera settembrina, una di quelle classiche serate romane che il grande Jacovitti sapeva illustrare da par suo sulle tavole dei giornali che lo ospitavano. Gente sbracata con il cocomero in mano, o con il gelato o le bottiglie di bevande ghiacciate. Cercammo un albergo che ospitasse noi e la nostra macchina. Trovammo per entrambi nei pressi della stazione Termini, e dopo avere lasciato la 850 in un garage aperto tutta la notte, armati di bagaglio proseguimmo in direzione dell'albergo indicatoci. Era una di quelle modeste pensioni che  occupavano un unico piano di un palazzo risalente a molti decenni prima. Le camere erano prive del bagno e l'unico presente si trovava a un capo del corridoio e doveva servire per tutti gli ospiti. Ricordo, nel bagno, panni stesi ad asciugare e l'odore delle stoffe ancora umide. Poi, durante la notte, il mio letto cigolava anche solo respirando, ed io che ho sempre avuto l'abitudine di rigirarmi nel sonno, dovevo sorbirmi i rimproveri paterni a causa del rumore metallico da me provocato. 
Il mattino successivo eccoci in giro per la meravigliosa città, la grande via Veneto, dove fummo fotografati a Porta Pinciana, io e mio fratello da nostro padre mediante la sua vecchia macchina fotografica Ferrania con pellicola in bianco e nero. Dopo avere pranzato alla mensa dei ferrovieri, riprendemmo il giro della città per poi tornare stremati ma soddisfatti alla sera, per la seconda e ultima notte nella pensione felliniana tipo quella che il grande regista aveva descritto due anni prima nel film "Roma". Il mattino dopo ci alzammo di buonora per riprendere la nostra auto e, con essa, la via del ritorno al Nord. Fuori dalla pensione, in strada, ebbi modo di ammirare una splendida ragazza dalle guance rosse come la mela che doveva avere sedotto Eva nel Paradiso terrestre. Notai anche un'altra cosa: un grande telo che passava sopra la strada riportante le seguente scritta:

Ugo Tognazzi, Ornella Muti nel film di Mario Monicelli: Romanzo popolare.

Molti anni dopo nel vedere un video della Tv Svizzera su Internet, potei assistere all'intervista fatta a Tognazzi durante la lavorazione del film da un ancor giovane Vincenzo De Bernardis, che gli pose le domande all'interno degli studi cinematografici Icet, studi di lì a qualche anno trasformatisi in studi televisivi prima per la neonata Italia Uno di Rusconi e poi da Berlusconi per la neonata Canale 5. Quando Tognazzi e De Bernardis lasciano il teatro di posa per recarsi all'esterno del cortile è possibile intravedere il grande palazzo dell'Agip, che poi sotto Berlusconi si trasformò in sede degli uffici di Fininvest prima e di Mediaset poi e al piano terra, in una mensa più che decente che era la consolazione di noi tecnici che da Milano Due ci trovavamo in trasferta per lavorare nelle varie produzioni televisive del grande centro Tv.
Antonio Mecca

L'INGLESE CANTANDO

Milano in Giallo

di Albertina Fancetti, Franco Mercoli, Alighiero Nonnis, Mario Pace
EDB Edizioni

Com'è bella Milano

di Albertina Fancetti
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L'Osteria degli Orchi

di Albertina Fancetti
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