UNA DONNA - Sibilla Aleramo
- 14 ottobre 2019 Cultura
Letteratura universale
A cura di Stelio Ghidotti
INCIPIT
La mia fanciullezza fu libera e gagliarda. Risuscitarla nel ricordo, farla riscintillare dinanzi alla mia coscienza, è un vano sforzo. Rivedo la bambina ch’io ero a sei, a dieci anni, ma come se l’avessi sognata. Un sogno bello, che il minimo richiamo della realtà presente può far dileguare. Una musica, fors’anche: un’armonia delicata e vibrante, e una luce che l’avvolge, e la gioia ancora grande nel ricordo. Per tanto tempo, nell’epoca buia della mia vita, ho guardato a quella mia alba come a qualcosa di perfetto, come alla vera felicità. Ora, con gli occhi meno ansiosi, distinguo anche nei miei primissimi anni qualche ombra vaga e sento che già da bimba non dovetti mai credermi interamente felice. Non mai disgraziata, neppure; libera e forte, sì, questo dovevo sentirlo.
FINIS
Figlio, figlio mio! E suo padre forse lo crede felice! Egli arricchisce: gli darà balocchi, libri, precettori; lo circonderà di agi e di mollezze. Mio figlio mi dimenticherà o mi odierà.
Mi odii, ma non mi dimentichi!
E verrà educato al culto della legge, così utile a chi è potente: amerà l’autorità e la tranquillità e il benessere… Quante volte afferro il suo ritratto, in cui le fattezze infantili mi par che ora annunzino negli occhi il mio dolore, ora nell’arco delle labbra la durezza di suo padre! Ma egli è mio. Egli è mio, deve somigliarmi! Strapparlo, stringerlo, chiuderlo in me! … E sparire io, perché fosse tutto me!
Un giorno avrà vent’anni. Partirà, allora alla ventura, a cercare sua madre? O avrà già un’altra immagine femminile in cuore? Non sentirà allora che le mie braccia si tenderanno a lui nella lontananza, e che lo chiamerò per nome?
O io forse non sarò più… Non potrò più raccontargli la mia vita, la storia della mia anima… e dirgli che l’ho atteso per tanto tempo!
Ed è per questo che scrissi. Le mie parole lo raggiungeranno.