Milano the place to be’: Libeskind presenta il progetto City Life

Il grande architetto americano di origine polacca tiene una lectio magistralis in Bocconi

Location delle grandi occasioni: aula magna dell’università Bocconi di Milano, culla dei futuri Tycoon della finanza e dirigenti d’impresa. Il personaggio è di quelli che non si dimenticano: Daniel Libeskind, una delle più note archi-star mondiali, tra i principali fautori del decostruttivismo e incaricato di ricostruire, tra l’altro, il World Trade Center. A Milano, insieme ad altri due famosi architetti, Zaha Hadid e Arata Isozaki, è artefice della fisionomia del nuovo quartiere ‘City Life’, con fulcro la piazza delle tre torri.  A moderare e animare il dibattito, il giornalista Nicola Porro.
Ovunque si viva si è influenzati dalla percezione del mondo, della propria visione. Fare l’architetto significa trasmettere una visione, una cultura, un senso di ciò che si vive. Ho sempre amato Milano, con la sua architettura che spazia dal romantico al gotico. Venni qui senza lavoro, solo per viverci. Creatività, cibo, arte e cultura pongono Milano al vertice tra le città europee. Milano è come un tesoro nascosto, improvvisamente le persone si sono rese conto del suo fascino, - esordisce l’architetto.
Cosa ha comportato Expo 2015?
Expo è stata una prova per il futuro di Milano. Nonostante gli scettici, milioni di persone sono venute a visitarlo. È stata la dimostrazione di ciò che è Milano e di chi siano i milanesi. Milano è veramente un luogo da visitare. Io ho un appartamento qui, mi ci trovo davvero benissimo.
C’è un rapporto tra qualità e design?
L’architettura deve portare innovazione. Ad Harvard si dice che l’innovazione si definisce partendo dal suo contrario, cioè il concetto di imitazione. Innovare significa avere il senso del progresso, delle nuove tecnologie, dello sviluppo. È la creatività che muove il mondo. Quando ho progettato ‘City life’, vivevo in via Benedetto Marcello. Mi resi conto che a Milano servivano molte piazze, da riempire di verde e di natura. Volevo creare un paesaggio che fosse godibile e migliorasse la vita dei residenti, dei lavoratori, dei turisti. Mi piace esprimere la varietà della città, i suoi molti aspetti. Milano è una città storica, dove irrompe il ventunesimo secolo. Gli architetti devono prendersi il rischio di fondere, di miscelare gli edifici e gli stili del diciassettesimo, del diciottesimo, del diciannovesimo, del ventesimo e del ventunesimo secolo. È vitale innovare, altrimenti la città rischia di trasformarsi in un museo, seppur bellissimo, come accade a Venezia.
Come sarà la terza torre, la torre Liebeskind?
Sarà di sicuro curva. La sua fisionomia mi è venuta in mente osservando la città. La piazza si eleva con le torri verso il cielo, mentre le superfici curve creano intimità. La forma dell’edificio è molto importante in architettura, deve valorizzare la personalità di chi ci lavora.  Proporzioni, materiali: tutto deve essere studiato nei particolari. Le torri avranno lo spazio per respirare, saranno rispettose dell’ambiente e non prevaricheranno le altre costruzioni. Ho sempre cercato di non occultare la storia della città, di rispettarla: a Singapore come a Berlino. ‘City Life’ è uno dei mei più incredibili progetti architettonici. Ne vado molto fiero. Quella a cui stiamo assistendo non è una competizione tra stati, ma tra città. Le città stanno tornando alla loro centralità, saranno il veicolo per il futuro. Una grande città deve dare a tutti i cittadini l’opportunità di viverla, deve essere democratica. Credo che Milano abbia il destino di essere una grande città, di cui i milanesi devono e dovranno essere orgogliosi”. 
Nicolò Canziani
Nota biografica 
Daniel Libeskind è nato nel 1946 in Polonia. Cosmopolita, si è trasferito in giovane età negli Stati Uniti, dove ha studiato musica per poi dedicarsi all’architettura, laureandosi nel 1970. Nel 1972 ha conseguito un dottorato all’università inglese dell’Essex. Oggi vive facendo la spola tra Milano, Berlino, New York, Varsavia, Singapore. Negli anni, Libeskind è stato residente in 14 differenti città, mentre i suoi tre figli sono nati in tre continenti diversi. La figlia maggiore proprio a Milano, dove Daniel giunse per la prima volta nel 1970 e dove si trasferì con famiglia nel 1986, rimanendovi alcuni anni.

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