Studentessa calabrese ci spiega il coraggio di Paolo Bagnato, ucciso il 6 giugno del 2003 dalla ndrangheta per aver detto no al pizzo

Il 6 giugno del 2003 perdeva la vita a causa della prepotenza di alcuni ndranghetisti nella cittadina di Bagnara Calabra, in provincia di Reggio Calabria Paolo Bagnato. Paolo era un lavoratore onesto che si era messo in proprio, aprendo una pizzeria. Paolo non accettò che si potesse disporre del suo denaro, del suo locale e dei suoi sacrifici come se non fossero stati unicamente frutto di una vita completamente devota al lavoro.

Oggi la storia di Paolo viene riportata e commentata attraverso il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” da Barbara Mancuso, studentessa della classe III sez. C del Liceo scientifico “Filolao” di Crotone.

Paolo Bagnato nacque negli anni cinquanta del secolo scorso a Bagnara Calabra, in provincia di Reggio Calabria, dove con dedizione si affermò come pizzaiolo e riuscì ad aprire un locale di sua proprietà. Come spesso accade in territori difficili, la ’ndrangheta non si fece attendere e arrivò puntuale a chiedergli il pizzo ma lui, da uomo retto e coraggioso qual era, si rifiutò categoricamente di pagarlo. In questi casi si sa la mafia non perdona: il 6 giugno del 2003 tre uomini entrarono nella pizzeria di Bagnato e dopo aver consumato due arancini, un sandwich e tre birre, comunicarono con fare minaccioso alla cameriera che non intendevano pagare il conto. A quel punto Bagnato si avvicinò per chiedere spiegazioni e ne scaturì una terribile discussione, Bagnato venne colpito da quattro coltellate all’addome e al torace che nelle ore immediatamente successive, sebbene l'intervento immediato dei medici purtroppo sopraggiunse la morte.

La tragica fine di Paolo Bagnato lasciò sgomenta l’intera comunità bagnarese, tuttavia solo dieci anni più tardi furono assicurate alla giustizia tre persone per questo vile omicidio. L’omicidio di un uomo che stava solamente svolgendo il suo lavoro e avrebbe voluto ricevere il compenso che gli spettava, un uomo che non si è piegato di fronte alla prepotenza della mafia, un uomo che non aveva nessuna colpa. A noi tutti l’impegno di ricordare questo eroe semplice, ucciso a soli 51 anni, che con la sua vita voleva contribuire a cambiare questa nostra bellissima terra.

Il CNDDU mette in evidenza di quanto sia difficile lavorare in un contesto in cui pressioni, solleticazioni negative e compromessi sono molto diffusi. Paolo ebbe un gran coraggio a mettersi in gioco e a tramandare l’esempio alle giovani generazioni di una personalità limpida e fiera.

 La triste vicenda di Paolo, come tutte le altre, ci ricorda che, condividendo e alimentando gli stessi ideali si può incidere profondamente sulla propria realtà.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.

Prof. Romano Pesavento

Presidente CNDDU

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