AMAZZONE NAPOLETANA 4
- 14 luglio 2020 Cultura
Ultima puntata
La poliziotta si sollevò lentamente, il respiro ansante, mentre colui che aveva sparato le si avvicinava con la pistola ancora fumante, fra il silenzio dei suoi sottoposti. Con la canna rovente le sfiorò il viso, ustionandola leggermente. Lei si ritrasse di scatto, gli occhi castani spalancati in tutta la loro liquida luce dorata, una luce capace di abbagliare e far perdere il lume della ragione a ben più di un uomo, di accecarlo per affidarsi a quella luce per un lasso di tempo che l'intensità dell'amore e della passione avrebbero stabilito.
L'uomo si chinò come per rendere omaggio alla bellezza, arrivando a sfiorarle il lobo dell'orecchio con le labbra crudeli, aride labbra che nessuna emozione avrebbero mai inumidito. Poi con voce bassa, stillante un’autorevolezza che non poteva venire contraddetta, sussurrò:
- Sei fortunata: l'ho presa per buona. - Quindi soggiunse - Vattene, ora. E consiglia ai tuoi compari di limitarsi ad arrestare i semplici ladruncoli, senza voler fare doppi o tripli giochi. Perché i giochi sono già stati fatti: a suo tempo. Da chi veramente conta.
A un suo cenno la porta del box venne sollevata, e la ragazza sospinta fuori bruscamente. Si ritrovò in una strada che le prime ore del pomeriggio rendevano deserta e desolata come la strada di una città in guerra. Perché quella era la condizione che la città viveva da decenni, e senza possibilità di una pace futura. Senza uno sbocco su un mondo dove la violenza fosse tenuta al di fuori.
La macchina uscì dal garage con a bordo i quattro uomini, avviandosi lungo la discesa che recava al lungomare. La donna pensò a quello che aveva innescato, chiedendosi se alle volte il suo bluff avesse corrisposto alla realtà. O se invece l’uomo aveva avuto ragione nell’accusare i suoi colleghi di tradimento e la sua salvezza fosse dovuta soltanto alla convinzione da parte del boss che la sua non era una menzogna. Oppure poteva essere che la parte di roba trafugata fosse stato proprio lui a farla sparire, e che nel tentativo di salvezza da lei attuato l’uomo avesse intravisto l’occasione giusta per fugare eventuali sospetti da parte del resto della banda. Quale fra le tre ipotesi corrispondesse alla verità probabilmente la poliziotta non lo avrebbe mai saputo. La ragazza invece poteva ora intuire - forse per la prima volta nella sua vita - tutta la violenza occultata dalla bellezza che la natura spargeva a piene mani, come una carità necessaria fatta alla miseria di un popolo di mendicanti. Il cielo di un velluto purissimo e ipocrita le parve un bellissimo e dolce sudario nel quale la città moribonda si avviluppava, quasi come un malato che si copra il corpo e gli occhi per non assistere al degrado che la cancrena gli ha inflitto. La sensazione di morte era percepibile ovunque; tanto più la bellezza del paesaggio sembrava inneggiare alla vita, tanto più - ora se ne rendeva pienamente conto - pareva l'ultimo canto del cigno. Un cigno troppo stanco per sollevarsi in volo e fuggire verso un altro lido, verso un'altra spiaggia che non fosse l'ultima, la definitiva.
Antonio Mecca