ASSASSINIO A BORDO 14

Quello se ne andò con la coda fra le gambe.

Pensai che mi ero dimesso dalla polizia proprio in seguito a un ulteriore, ingiusto rimbrotto, preferendo  

un lavoro modesto ma privo di caporioni a uno dove lo stipendio era anche sicuro ma accompagnato da troppe umiliazioni.

Hal Randolph continuò a fissarmi, come una striscia di carta moschicida l'arrivo di un moscone. 

Dopo essermi fermato lo salutai… si guardò bene dal rispondere. La sua risposta stava tutta quanta nello sguardo: attento, prevaricatore, insolente. Non mi invitò a sedere, continuando a scrutarmi negli occhi con i suoi occhi. Al che replicai:

- Mister Randolph, che ne direbbe di farmi accomodare su una delle due poltrone presen? Così, tanto per evitare di continuare a guardarla dall'alto in basso! Lui mostrò una luce incerta negli occhi scuri. Io continuai.

- Va bene questa? - indicando quella alla mia sinistra. - Oppure preferisce quest’altra? - indicando quella a

destra. L’uomo poteva replicare sbottando, per poi cacciarmi. Oppure abbozzare e restare a vedere il seguito della cosa. Mosse la testa per approvare il fatto che mi sedessi, così decisi per la poltrona di sinistra unicamente perché era la più vicina alla sua brutta persona. Dopo che mi fui accomodato, il grand’uomo disse: - Allora: cosa sarebbe questa storia riguardante la crociera dello scorso aprile?

- In quel mese, lei, Mister Randolph, ha affittato un panfilo nel porto di San Diego offrendo una crociera a diverse persone. Il viaggio doveva durare una settimana, toccando vari approdi. Ma dopo due soli giorni 

siete ritornate, perché una persona si era sentita male. 

Lo fissai con attenzione. - Chi era questa persona, Mister Randolph?

Randolph mi fissò con attenzione, ma era la medesima attenzione che un entomologo riserva a un microbo la cui esistenza o meno lo lascia perfettamente indifferente.

E il risultato finale si era appena visto.

- Cos'altro vuole sapere, signor Miller? Quanto carburante ha consumato il panfilo? Quanto ho pagato per Il suo affitto?

- Magari quanto ha pagato in totale per tacitare le cose, Mister Randolph.

Questa volta ottenni il risultato di farlo esplodere.

- Sono stato anche fin troppo paziente con lei, qui fermo ad ascoltarla. Non è mia abitudine agire così.

- Lo so, Mister. Ma questa volta la cosa doveva essere talmente grave da non potere fare finta di nulla. Per cui ha voluto ascoltare anche la mia campana.

- Io invece adesso le farò ascoltare il mio campanello. Quello che chiama a raccolta il mio personale.

- Non si scomodi e non li incomodi - dissi. - Me ne vado da me. Perché lei non ha altro da aggiungere, vero?

- Vero, signor Ficcanaso. E ora: fuori di qui, perché la sua presenza soffoca l’ambiente.

- Mentre la sua soffoca la verità.

Prima che esplodesse di nuovo, e suonasse il suo maledetto campanello, me ne andai, anche se la voglia di attirarlo a me con uno strattone per poi prenderlo a pedate nel didietro era davvero tanta. 

Mi diressi alla porta e l'aprii. Carter era lì fuori, tutto umile e tremante. Ebbi pietà di lui e lo ignorai, dirigendomi verso gli ascensori per tornare a terra e quindi all’esterno. La ragazza della reception era impegnata nel rimirarsi le unghie laccate. Lei sorrise divertita, e mi concedette uno sguardo di fanciulla solo appena sfiorata dal vizio.

La situazione era giunta al suo limite. Ora ero quasi del tutto certo che Thomas Incerwood si fosse trovato a bordo del panfilo My Flower e che lì fosse stato ucciso, altrimenti non ci sarebbe stata ragione alcuna perché il suo corpo venisse consegnato alla moglie, e questo probabilmente dopo che il lugubre Palermo lo aveva ricevuto in consegna per poi sistemarlo meglio che potesse. Certo; aveva dovuto, Hal Randolph, mettere a tacere molte persone con soldi, promesse, minacce. E una di queste doveva essere stata Lorella Pearson, che da semplice giornalista part time era stata assunta a tempo pieno presso uno dei principali giornali della catena Randolph. Quindi molti avevano saputo della morte del povero Incerwood e di come e cosa era morto, ma nessuno aveva avuto il coraggio di raccontare in giro la verità, anche perché la verità nuda e cruda è difficile da mandar giù, mentre quando è precotta invece lo è.

Tornai a pensare a Palermo. Decisi di tornare a trovarlo, visto che mi trovavo non lontano dalla sua agenzia di Bunker Hill. La giornata era molto bella, come del resto lo era per buona parte dell'anno; solo il caldo rendeva un po’ arduo muoversi per le strade. Soprattutto se in giacca e cravatta come il sottoscritto e con la pistola calibro 38 che avevo appena tolto da sotto il sedile con tanto di cinghia e fondina ascellare. 

Palermo era un brutto ceffo, e non ci tenevo a finire riposto in una delle sue casse prima che il mio tempo fosse scaduto.

Lasciai l'auto nelle vicinanze, più o meno nei pressi della volta precedente, dopodiché discesi e mi avviai con passo lento ma sicuro fino all’agenzia. Questa volta Palermo non si trovava sulla soglia a fumare, bensì all'interno, dietro una scrivania. Spinsi la porta ed entrai. Il fumo del sigaro era come un preludio a quello ben più consistente e meno profumato del suo forno crematorio. Gli occhi animaleschi dell’uomo si posarono su di me come due mosche su un pezzo di carne che già vedevano andare a male. La bocca invece si torse in una smorfia di disappunto.

- Che altro c’è? – chiese dopo avermi riconosciuto.

- Questo deve essere lei a dirlo.

Aspirò una boccata dal sigaro, prima di dire: - Si spieghi meglio.

- Vorrei sapere in quale giorno è giunta qui la salma di Thomas Incerwood.

L’uomo, che in certi momenti pareva o appariva imbalsamato anch’egli al pari dei clienti da lui composti, si risvegliò di botto, come il tappo di una bottiglia di champagne agitata.

- Le avevo già detto la volta precedente di non seccarmi più. Fuori!

L’esclamazione attirò nella stanza due giovani che dovevano essere inservienti, anche perché rivestiti di camici un tempo bianchi ma ora costellati di macchie sospette.

- Cosa succede, Bart? 

Bart – più probabilmente diminutivo di Bartolo – esclamò: - Cacciatelo via!


Antonio Mecca

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