CENT'ANNI FA NASCEVA UN MAESTRO DELLO SCHERMO

E in un'anteprima in via Moscova i critici applaudirono in piedi
Fellini era nato nella città romagnola
il 20 gennaio 1920. Il padre, Urbano, era originario di Gambettola,
paese a 20 km da Rimini; la madre, Ida, era originaria di Roma. E chi lo
sa che proprio dai racconti fattigli dalla madre il ragazzo non abbia
cominciato a restare affascinato da quella città-mito che la sua mente
andava formando. Portato per il disegno, il giovane Federico inizia nel
1938 a pubblicare, dapprima sulla "Domenica del Corriere", poi su "Il
420". Quando a inizio 1939 giunge a Roma ha 19 anni. Il giovane vuole
intraprendere la carriera di giornalista, ed esordirà sulle pagine del
"Marc'Aurelio", rivista umoristica dove il caporedattore è Steno, futuro
regista e già notevole scrittore. Lavorerà a fianco di giovani talenti
come Maccari, Metz, Marchesi, Attalo, Mosca. Terrà su quelle pagine
varie rubriche e realizzerà anche molte vignette. Dopo non molto
comincerà a scrivere per il cinema: gag e sceneggiature per Macario, e
per il teatro: copioni per Aldo Fabrizi. Nel 1941 inizia a collaborare
per la radio, arrivando a scrivere in pochi anni: da solo o in
collaborazione, ben 90 copioni. È in quel periodo che incontra la
giovanissima Giulietta Masina, per la quale scrive 24 episodi della
serie "Cico e Pallina". Insomma: Federico Fellini nasce come scrittore,
autore di un umorismo surreale che più tardi lo porterà a realizzare
scene memorabili per i suoi film. Eppure la sua partenza fu di stampo
neorealista, avendo dapprima collaborato ai film di Rossellini "Roma
città aperta" e "Paisà", nei quali era stato anche sceneggiatore.
L'esordio vero avviene nel 1950 con il film "Luci del varietà",
co-diretto con Alberto Lattuada, film che tratta dello sgangherato mondo
dell'avanspettacolo (suo è anche il soggetto). Due anni dopo ci sarà il
battesimo del fuoco come regista del film "Lo sceicco bianco", vicenda
ambientata nel mondo dei fotoromanzi. E fotoromanzi sembrano anche i
film del suo primo periodo, sebbene di alta classe come il successivo "I
vitelloni" e soprattutto "La strada".
Con "La dolce vita" non si è più nel fotoromanzo ma in una vicenda
fondata sull'attualità: quella dell'Hollywood sul Tevere, con tutto il
corollario di attori americani e fotografi italiani a caccia di scoop.
Una vita dolce solo in apparenza, in realtà triste perché
incontentabile.
Scriveva Flaiano: "La felicità consiste nel
desiderare quello che si ha". E del film in questione, dopo avere visto
alcune scene in proiezione quando ancora il film era appena iniziato:
"Il gongorismo, l'amplificazione di Fellini nel ritrarre quel mondo di
via Veneto fa pensare al museo delle cere, alle immagini dei
quaresimalisti quando descrivono la carne che si corrompe e
imputridisce".
Giuseppe Marotta, a film uscito: "Con 'La dolce vita'
Fellini eclissa tutti i Visconti e i Rossellini. i Germi, i Rosi e i
Monicelli che abbiamo; gli resiste, è probabile, il solo De Sica. Amare
l'immagine, goderla e patirla come una gioventù, come la vita: ecco la
"Verità" di Fellini. Tutto quello che si ama è vero: amate l'inesistente
e l'inesistente esisterà".
Dopo questo capolavoro la carriera
cinematografica di Fellini fu sempre in crescendo, a parte qualche
scivolone, e con il successivo "Otto e mezzo" (che Marotta avrebbe
voluto intitolare "Viaggio in un uomo") e "Amarcord" ricevette altri due
Oscar, culminati nel 1993 con l'Oscar alla carriera. Purtroppo questo
sarà anche l'anno della sua morte, avvenuta il 31 ottobre, il giorno
successivo alla celebrazione delle sue nozze d'oro, essendosi sposato
con Giulietta il 30 ottobre del 1943. Parafrasando il suo ultimo film
"La voce della Luna", Fellini fu una voce proveniente non da un pianeta
morto, bensì da un pianeta vivo come quello della fantasia è sempre
stato. Di Roma, città in cui visse 54 anni diceva di provare una "affascinazione incantata"; e la vedeva come
"una donna, anzi una madre, una grande madre mediterranea, sciattona,
affettuosa e severa, che partorisce neonati scettici... Il mito, la
storia. Ma anche una condizione di vita per le contraddizioni profonde
che ha saputo amalgamare; carnalità e religione, Cristo e Oriente. È una
città orizzontale, di acqua e di terra, sdraiata ed è quindi la
piattaforma ideale per dei voli fantastici. Gli intellettuali, gli
artisti, che vivono da sempre in uno stato di frizione fra due
dimensioni diverse -la realtà e la fantasia- trovano qui la spinta
adatta e liberatoria delle loro attività mentali: con il conforto di un
cordone ombelicale che li tiene saldamente attaccati alla concretezza".
Fellini era nato per il Cinema perché Maestro indiscusso nel filmare le
cose, le persone, la natura e trasmetterle sul telone dello schermo che
- come il telone del circo che lui così tanto amava, - racchiudeva un
mondo meraviglioso in cui lo stupore e l'incanto provati da bambino era
presente anche nell'adulto in cui si era trasformato.
Antonio Mecca