Gianrico Tedeschi e Marianella Lazslo

Insieme nella vita e sulla scena

Dopo la scomparsa del grande attore, Marianella aveva cercato di scomparire a sua volta. "Sono in clausura", aveva detto a un uomo che suonando al campanello di casa le aveva chiesto un incontro, la possibilità di parlare di lui, il grande attore fisicamente scomparso da poco all'età di cento anni e da più tempo ancora con la mente perché tarpata dal male che spesso usa aggredire la memoria per regredirla fino a tradirla, a ridurla e sminuirla al rango di preinfanzia. Tutto per lui e di conseguenza per lei era iniziato cinque o sei anni prima, al momento del ritiro dalle scene preludio a quello dall'esistenza. Gianrico che in quel luogo incantevole e incantato era solito trascorrere le vacanze, traendo la forza e la carica per i successivi lavori teatrali, ora che il ritiro era avvenuto senza possibilità di recesso, e da quello che era il buen retiro si era adesso trasformato in una rimessa che non era una rimessa in gioco perché il gioco si era stoppato per sempre, ecco che gli era stato difficile stoppare i ricordi. Ricordi che si affastellavano gli uni sugli altri per poi rovinare a terra fragorosamente e mescolarsi fra loro non più per ordine cronologico bensì alla rinfusa. E così lavori che aveva portato in scena o in Tv, al cinema o alla radio non più tardi di pochi anni prima, quando già aveva oltrepassato i novant'anni, ecco che si fondevano e confondevano fra loro con lavori giovanili, commedie e sketch brillanti come la sua età di allora, come diamanti grezzi estratti da una miniera che poi era la sua mente, capace e rapace di aggredire un testo per poi farlo suo. Si erano conosciuti nel 1969, lei una ragazza di 27 anni, bellissima; lui un uomo di 49. Pur potendole essere padre, Marianella gli si era affezionata prima, per innamorarsene poi. Affascinata dal suo modo di recitare, la ragazza lo osservava e ascoltava assimilando. Ed era il suo un divertimento più che un lavoro. Nei giorni di riposo lui le parlava della guerra, che lei aveva vissuto per modo di dire, perché aveva solo tre anni quando la grande carneficina era terminata, e del campo di concentramento dove aveva iniziato a recitare e dove aveva conosciuto il grande e meraviglioso Guareschi. E poi l'amore li aveva travolti entrambi, con lui che sembrava regredire all'infanzia, e lei che al pari di molte donne assumeva per lui il ruolo di vicemadre. Anni di gioiosa fatica, che dai terribili anni '70 si protrassero sino alla fine del millennio e, da lì, alla fine di tutto.
Lui usciva di casa per portare il cane a passeggio, rispondendo ai saluti della gente del paese che incrociava, la quale pensava che finalmente il grande attore si stesse godendo la meritata pensione e l'agognato riposo. Osservava il lago d'Orta, si immergeva nel verde tenero della vegetazione lacustre, sedeva a volte su una panchina solitaria e andava indietro con la memoria. Fino a quando gli fu possibile. Iniziò allora un'agonia senza agonia, che lo traghettò dolcemente sull'altra riva. 
Marianella a esequie avvenute cominciò la propria solitaria esistenza, interrotta solo da qualche telefonata. Trascorreva le giornate a leggere, a ricordare, a rivedere vecchi filmati che proponevano un ancor giovane Gianrico e una davvero giovane, e bella, Marianella. E il rivedersi come era stata non mancava di commuoverla profondamente. Questa non vita durò poco più di un anno, fino a che un giorno perse i sensi per non riacquistarli più. Venne rinvenuta dopo alcuni giorni, priva di vita. Forse il suo amato compagno di scena e soprattutto di vita l'aveva richiamata a sé, dopo averla conclamata compagna di vita e di scena.   

Antonio Mecca

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