IL FASCINO AVVINCENTE DELLA MUSICA DI NINO ROTA
- 03 agosto 2019 Cultura

Quando la creazione umana diventa arte e poesia
Un film è
un'opera collettiva che si avvale di soggetto, sceneggiatura, regia,
interpretazione, fotografia, scenografie, musica... Non vi è dubbio che
Nino Rota (all'anagrafe Giovanni Rota Rinaldi, nato a Milano il 3
dicembre 1911 e morto a Roma il 10 aprile 1979) fu e ancora resta uno
dei compositori più bravi e più prolifici di musica da film, con
all'attivo oltre 150 colonne sonore che sono state capaci di rendere il
film più intenso e arrendere ai sentimenti più genuini gli ascoltatori
del tema musicale. Precoce nella creazione artistica, Rota (il quale era
fratello di Rosetta, futura moglie di Flaiano) esordisce appena
undicenne come compositore con l'opera "L'infanzia di San Giovanni
Battista). Nel 1923 frequenterà il Conservatorio Giuseppe Verdi a Milano
e tre anni dopo compone una seconda opera ispiratagli da una fiaba di
Andersen. Va poi a Roma più o meno nello stesso periodo della famosa
marcia, ma si limiterà più saggiamente alla marcetta musicale e nel 1929
otterrà il diploma di composizione musicale all'Accademia di Santa
Cecilia. L'anno successivo si reca negli Stati Uniti e lì vi rimane per
due anni. Torna quindi in Italia dove nel 1936 si laurea in Lettere
all'Università degli Studi di Milano. È del 1933 la prima delle sue
colonne sonore per il cinema: "Treno popolare", di Raffaello Matarazzo,
treno che doveva filare sempre in orario perché a occupare il binario
morto era il Paese da ormai 11 anni. Passeranno poi nove anni, prima di
realizzare la sua seconda colonna sonora, sempre per un film di
Matarazzo. È indubbio però che fu la collaborazione con Federico Fellini
a partire dal 1952 con il suo primo film "Lo sceicco bianco" e
proseguita poi per tutti gli altri film realizzati dal regista riminese
nell'arco di 25 anni fino a "Prova d'orchestra" del 1979 quella che lo
rese più in luce nel panorama cinematografico mondiale. Prima, durante e
dopo ci furono e ci sarebbero stati altri film di altri autori la cui
musica ebbe modo di far risaltare il lavoro da loro diretto. Fra
questi: "Rocco e i suoi fratelli", "Il gattopardo", "Romeo e Giulietta".
Nel 1972 musicò il film "Il padrino", siccome però aveva riutilizzato
alcune sue precedenti musiche (quelle, per la precisione, composte per
il film del 1958 "Fortunella", di Eduardo De Filippo, adottando il brano
"Parla più piano" eseguito in maniera lenta) non poté concorrere
all'Oscar, che vincerà comunque due anni dopo per "Il padrino parte II".
Tre anni più tardi vincerà il premio David di Donatello per il film di
Fellini "Casanova", forse il più erotico del regista romagnolo. Ma Nino
Rota è ricordato anche e forse soprattutto per le musiche dello
sceneggiato televisivo Rai del 1964 "il giornalino di Gian Burrasca",
per la regia di Lina Wertmuller e l'interpretazione strepitosa di una
giovanissima Rita Pavone. La musica della famosa canzone "W la pappa col
pomodoro" è rimasta nella memoria di chi ha avuto modo di ascoltarla
anche se molti anni dopo la programmazione del lavoro televisivo. Un
film può essere grande o meno grande, ma se la musica che lo accompagna è
talmente bella e suggestiva da surclassare il film stesso, e
suggestionare chi l'ascolta. La musica agrodolce composta per "La dolce
vita" o quella follemente farsesca del finale di un film che sembra non
avere un suo inizio: "Otto e mezzo", l'inquietante colonna sonora di un
capolavoro quale "Roma", del 1972, che sembra scavare nel doppio
passato: del regista arrivato nella capitale alla fine degli anni '30,
e quella della caput mundi, le cui testimonianze - seppure quasi tutte
smozzicate dal Tempo - ancora erano e sono lì presenti. Nel film in
questione, diretto da un cinquantaduenne Federico Fellini, vi sono scene
memorabili nelle quali passato e presente si intrecciano a vicenda come
i vimini di un canestro atto a contenere i frutti che la Storia ha
saputo produrre, frutti artistici dei quali ancora beneficiamo. La scena
nella quale mentre si scava per fare avanzare la metropolitana viene
scoperta una antichissima villa romana con al suo interno statue
e affreschi che si dissolveranno rapidamente a causa dell'ossigeno
entrato è di certo suggestivo, mentre si può definire inquietante quella
della sfilata relativa ai modelli dei vestimenti religiosi realizzati
da stilisti appositamente per la Chiesa. La musica che Nino Rota
compose, più o meno sacra come la Rota omonima, rende le immagini che si
proiettano ai nostri occhi capaci di suscitare una sorta di timore
reverenziale nei confronti dell'essere umano artefice della storia e
manipolatore della Storia. Forse nella laicità di alcuni artisti c'è più
cristianità di molti cristiani. Perché il dubbio genera la pietà,
mentre l'assolutismo soltanto orrori. Al rimprovero che molti anni fa
Mario Soldati gli fece sul fatto che Rota avesse abbandonato il Nord per
il Sud, il grande compositore rispose che lui amava la luce. La luce.
Quella che rappresenta la vita, che genera i colori. La luce che
nell'aldilà dovrebbe bastarci per vivere in un'altra dimensione. Un
compositore come Nino Rota è stato la luce, l'ha cercata e spesso
trovata; non solo per ciò che riguarda la musica da cinema, bensì anche
per la composizione di opere e musiche varie per pianoforte, archi e
pianoforte, fiati e pianoforte. Perché nella musica lui si esprimeva e
si spremeva come un frutto in grado di dare una bevanda atta a dissetare
chi ne usufruisce.
Antonio Mecca