IL GIOCOLIERE DELLA LETTERATURA 27

Il commissario Georgel si diresse alla stazione ferroviaria, percossa dalla voce metallica degli addetti all’altoparlante, che sembravano prediligere esclusivamente il TGV. Il treno a gran velocità che portava sia in altri luoghi della Francia e dell’estero. Al suo interno il consueto marasma formato da passeggeri in arrivo e in partenza, e i vari relais nei quali si vendevano giornali, libri, bevande. Poi c’era il self service in cui aveva pranzato più volte la sera, chi lo sa perché fosse chiuso e quindi bar, librerie, cartolerie. Attraversatala, si usciva nel parcheggio e nell'adiacente hotel Campanile.

Il poliziotto entrò nel parcheggio, dove stazionavano – è il caso di dirlo – molte auto. Non gli fu comunque difficile rilevare la presenza della Maserati. Spiccava fra le altre auto presenti nella sua bellezza, trionfo della meccanica e della carrozzeria. Il biglietto apposto sul cruscotto portava l’ora: 23,30, e la data di due giorni prima. Il commissario tentò la maniglia, che però non cedette, così come successivamente il portello del bagagliaio.

Dunque, pensò Georgel, i due bastardelli avevano tagliato la corda salendo su un treno in partenza verso mezzanotte. Si recò all'ingresso del terminal, dove erano apposti i cartelli indicanti le partenze e gli arrivi.

Il suo sguardo si appuntò sulle partenze dalle 23,30 in poi. Il primo treno che da lì partiva era quello per Amsterdam, alle ore 24,00. Poi, di lì a un'ora, quello per Madrid. Quindi, per Berlino. Infine, per Venezia e Bruxelles. Il commissario decise di recarsi alla centrale operativa, per apprendere qualcosa di più preciso riguardo i due giovani espatriati. Raggiunta la Centrale si qualificò. Chiese di incontrare il responsabile, e fu esaudito. Un uomo sulla sessantina, di discrete dimensioni, all'incirca sui novanta chili, con capelli grigi e una leggera ombra di barba. Alla vista del distintivo si irrigidì, per poi rilassarsi quando il poliziotto lo mise al corrente di ciò che voleva.

- Intende parlare con i controllori dei treni per Amsterdam, Madrid, Berlino…?

- Sì. È così.

- Dunque, vediamo… Sono qui soltanto quelli dei treni per Madrid e Berlino. Glieli chiamo?

- Sì. Grazie.

L'uomo avvicinò il microfono alla bocca e premette un pulsante posto alla base del microfono.

- Roland e Ferrer, per favore qui in Centrale. Ripeto: Roland e Ferrer in Centrale.

- Adesso arrivano – assicurò l’uomo invitandolo a sedere. Ma Georgel preferì restarsene in piedi, sul suo metro e ottanta di altezza.

I due uomini arrivarono. Erano dissimili l'uno dall'altro come un fiammifero da un tizzone, sebbene entrambi legnosi di aspetto. Fissarono dapprima il capo, per poi spostare l'attenzione sul nuovo venuto, che si presentò e chiese:

- Desidero sapere se ieri sera, sul treno per Madrid o per Berlino, vi è capitato di richiedere il biglietto a due giovani, un uomo e una donna, insieme, oppure seduti soli per proprio conto.

I due ci pensarono su.

- Di solito, quanto tempo dopo la partenza – continuò Georgel – siete soliti richiedere i biglietti?

- Direi dopo dieci minuti, un quarto d'ora – rispose uno di loro.

- Direbbe, o così è?

- Così è – rispose l’uomo, alquanto seccato.

- Per cui dovreste ricordarvene…

- Sì. Non ricordo però nessuno dei due, sia soli sia in coppia – affermò l’uomo. Anche il più esile diede la medesima risposta, per cui il poliziotto lasciò perdere.

Gli restava ora quello per Amsterdam. Congedata la coppia, Georgel si rivolse al loro responsabile.

- Vorrei parlare con il capotreno per Amsterdam.

- Certo – rispose. – Dunque, vediamo un po’… dovrebbe trovarsi qui fra un paio d'ore.

Il suo nome è Savarel. Gli altri due: Blanchard e Cotillard, sono oggi a casa di riposo.

- Desidero incontrare questi due suoi colleghi. Mi fornisca i loro recapiti e numeri di telefono per favore.

Il capostruttura annuì. – Va bene. Un attimo solo.

Quindi prese a sfogliare un registro e a compulsarne poi le pagine.

- Ecco… - disse. – Blanchard abita in rue Victor Hugo, numero 22. Questo è invece il suo numero di telefono - e glielo fornì. Poi: - Cotillard risiede in rue Carson, numero 87. Ecco anche il suo numero telefonico, - terminò dettandogli il numero, che Georgel si segnò al pari dell’indirizzo.

Antonio Mecca


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