IL GIOCOLIERE DELLA LETTERATURA 35
- 15 febbraio 2021 Cultura
- Va bene, allora: direi che abbiamo terminato. Vediamo un po’, Jeanine - e così dicendo prese l’album dalle mani aggraziate della ragazza e guardò il disegno. Jeanine era talmente abile che non si poteva non ammirarne il talento. Quindi lo porse allo scrittore, che lo fissò con emozione.
- Sì - disse poi. - Le somiglia molto.
- Perfetto - commentò Georgel. - Adesso farò così: stasera alle dodici prenderò il treno diretto ad
Amsterdam portando con me questo ritratto. Poi mi metterò alla ricerca di quei due. Cercherò di farmi
aiutare dalla polizia locale e speriamo in bene.
- Perfetto - ripeté lo scrittore. - Antoine non avrebbe saputo fare di meglio. I suoi occhi si fissarono in quelli della ragazza. Non sarebbe mai cambiato. La grazia femminile l’aveva sempre colpito, ammaliato e qualche volta ammogliato. Era come se le ragazze rappresentassero il trait-d’union tra Cielo e Terra.
- Monsieur Darc - disse Jeanine: - è stato un onore.
- E per me un piacere - le assicurò lui.
La ragazza sembrò volere aggiungere qualcosa, ma si astenne. Salutò sua moglie e uscì insieme al capo.
I due poliziotti francesi scesero dal treno ad alta velocità che li aveva trasportati dalla gare de Lyon part Dieu alla stazione Centrale di Amsterdam. Reggevano ognuno un piccolo bagaglio contenente i ricambi relativi a una settimana di permanenza. La stazione olandese era molto confusionaria, e quel che più colpiva o aggrediva le narici erano gli odori di spezie emanati dalle bancarelle che stridevano con la pulizia perbenista degli olandesi, capaci solo di tanto in tanto di una pulizia etnica fatta magari a braccetto con i teutonici per questioni razziali.
- Che bordello di merda! - proruppe Mignon nauseato. - Sembra di essere in India, o in Pakistan.
- Sei stato in India, o in Pakistan? - si informò Georgel camminando al suo fianco.
- No. Si fa per dire.
Il suo collega sorrise. Una volta all'esterno e attraversato il piazzale videro un canale che univa la terraferma al mare. Sulla destra partiva un lungo viale fiancheggiato da alberghi dalle facciate vivaci, perché tinteggiate con colori intensi. Uno di questi era l’hotel Bellevue, che richiamava nel nome così come nella costruzione un che della dolce Francia. Era lì che il Vecchio aveva telefonato la sera prima per prenotare loro due camere.
- Carino - osservò Mignon soddisfatto. - Sembra quasi un edificio di casa nostra.
- L'importante è che non sia di Cosa Nostra - replicò Georgel - Il che potrebbe anche essere.
Varcarono la soglia, attraversarono l'atrio e si fermarono davanti al banco della reception. Due impiegati con uniforme grigia sembravano dirigere il traffico umano. Uno dei due li vide e li salutò. Fu il commissario a parlare.
- Georgel e Mignon: abbiamo due camere prenotate.
- Un istante - rispose l’uomo rispondendo in francese, seppure in un cattivo francese. Prese a consultare lo schermo del computer che di lì a poco gli fornì l’informazione richiesta.
- Sì, ecco qua: signori Mignon e Georgel, camere 82 e 83, secondo piano. Vi trattenete una settimana?
- Questo sarebbe l’auspicio - disse Georgel.
- Va bene. Eccovi le schede - e così dicendo consegnò loro due schede riportanti i numeri 82 e 83. Quindi indicò gli ascensori alla sua destra. Ce ne erano due, uno dei quali già al pianoterra. La coppia di sbirri vi salì e uno dei due premette il pulsante relativo al secondo piano per salire di lì a pochi secondi.
Il corridoio che si offerse loro era pulito, lucido, profumato. Varie porte di stanze vi si affacciavano, alcune aperte poiché le inservienti erano intente a fare le pulizie. Le due camere erano già pronte per essere occupate, per cui il duo di poliziotti si piazzò ciascuno davanti la propria porta aprendola.
- Okay - disse Georgel. - Appuntamento alla reception fra mezz'ora.
- Bene.
Entrarono pressoché all'unisono, chiudendosi la porta alle spalle. Il commissario posò la propria valigetta sull’apposito pianale in legno sistemato poco dopo l'ingresso e osservò la camera che gli si offriva allo sguardo. Quindi, il gabinetto: una stanza provvista di lavandino, bidet, water e angolo doccia.
Iniziò col disfare la valigia per sistemare il contenuto nell’armadio, provvisto di una sola antina, roba da chiedersi perché allora non lasciarlo del tutto aperto e offerto allo sguardo degli inservienti. Poi accese il televisore alla ricerca di eventuali canali francesi. Ne trovò due, e si mise a guardarne ciascuno per un minuto o due. Infine tolse dalla valigia la cartelletta contenente alcune copie dell’identikit eseguito da Jeanine. Si mise ad osservare il ritratto da lei eseguito, e gli venne da pensare a quello che Darc doveva avere provato nel rivedere il viso di Marie. Poi risistemò il tutto nella cartelletta, si recò in bagno e dopo essersi lavato le mani uscì dalla stanza. In quella accanto si udiva Mignon fischiettare, di buonumore come spesso i grassoni sono. Fu per un attimo incerto se chiamarlo oppure scendere al piano terra. Fu quest’ultima la scelta che finì per prendere. Decise di scendere lungo le scale.
Lo faceva quasi sempre almeno una volta in occasione di ogni soggiorno alberghiero. Curioso per natura, voleva saperne il più possibile riguardo la struttura dell'albergo che lo ospitava. Arrivato al piano terra si diresse alla reception. L'impiegato che aveva consegnato loro le schede lo vide e gli sorrise, nonostante già sapesse chi era. Si trattava di un tipo che un tempo si sarebbe definito di mezza età, vale a dire sulla cinquantina, come se la normale età di vita di un essere umano si aggirasse sul secolo tondo. Aveva anche la capigliatura per metà, poiché semicalvo, e gli occhi erano di un azzurro stinto come ghiaccioli all'anice semi succhiati. Georgel gli si avvicinò, tolse una copia del disegno dalla cartelletta e gliela mise sotto gli occhi dicendo: - Riconosce questa ragazza?
L'uomo fissò il ritratto con attenzione e ammirazione. Se per la qualità del disegno, o per chi ne era stata ritratta, non si sa.
- No - rispose infine.
- Avete avuto o ancora avete una ragazza il cui nome è Marie e un ragazzo che si chiama Joseph, Joseph
Allegret? Dovrebbero essere giunti ieri nel pomeriggio.
- Un attimo solo.
Così dicendo l’impiegato prese a consultare il suo computer, mentre il socio accoglieva una nuova persona appena entrata.
- No - disse ancora l’impiegato. - Non risulta esserci stato nessun Joseph Allegret.
- Va bene. Grazie.
Mignon uscì dall’ascensore, con dipinta sul faccione un'espressione soddisfatta.
- Possiamo andare, Mignon. Ha inizio la caccia - gli disse Georgel.
Antonio Mecca