Il quartiere di Greco
- 07 maggio 2021 Cultura
Milano
è una città che nel suo piccolo ha inglobato diversi piccoli paesi,
un po' come la grande Los Angeles ha fatto con i diversi paesi che le
erano vicini. Greco è uno di questi. Distante due km dalla stazione
Centrale, fu qui che vennero girate le sequenze finali del film di
Vittorio De Sica "I girasoli", realizzato nel 1970 e
ambientato nei primi anni Cinquanta, interpretato da Sofia Loren e
Marcello Mastroianni nei ruoli di Giovanna e Antonio che narra le
vicende di due italiani innamorati che però la seconda guerra
mondiale li separerà per anni. Lui è finito in Russia dove è stato
salvato da sicuro congelamento da una ragazza che finirà per
riscaldargli il corpo e soprattutto il cuore dopo essere stato
accolto nella sua casa e dove: una volta ristabilitosi, troverà
lavoro e metterà con lei al mondo una bambina. Giovanna invece
rimane in Italia e mai si rassegna al fatto di crederlo morto, perché
lui: così come numerosi altri suoi commilitoni è un disperso, per
cui potrebbe essere ancora in vita. E infatti così è. Giovanna si
reca in Russiae parla con un uomo notato in metropolitana che lei
identifica nei tratti latini del volto come italiano. L'attore che lo
impersona è Silvano Tranquilli, che proprio l'anno prima aveva
impersonato il ruolo del nuovo amore di Monica Vitti nel film di
Alberto Sordi "Amore mio aiutami" e che due anni prima
ancora riscosse molto successo in quello del sacerdote nella serie Tv
di Casacci e Ciambricco "I ragazzi di Padre Tobia". La
scena dove lui e Sofia hanno un a tu per tu e che teoricamente si
svolge in Unione Sovietica fu girata in realtà in Italia, e proprio
a Greco, sopra il passaggio sovrastante i binari ferroviari. In quei
pressi si è trovato per molti anni anche il deposito che raccoglieva
i numeri arretrati del quotidiano "Il Giorno", fondato da
Mattei. Fu il primo quotidiano a utilizzare il grafico e a dar vita a
molte iniziative come la nascita degli inserti relativi ai motori, ai
programmi televisivi, ai fumetti per ragazzi, fra i sui collaboratori
spiccava in ogni senso Franco Benito Jacovitti, sulle cui pagine
coloratissime inventò molti personaggi, fra i quali Cocco Bill e Tom
Ficcanaso. Io che da sempre, ancor prima di imparare a leggere, ero
rimasto attratto dai disegni dell'artista di Termoli ne fui
favorevolmente colpito, e continuai a leggerlo per decenni. Quando a
metà degli anni Ottanta comprai casa proprio a Greco, dopo aver
saputo dell'esistenza del magazzino, mi ci recai nella speranza di
poter trovare numeri arretrati del giornale, che in fondo non
dovevano risalire a più di vent'anni prima. E infatti qualcuno lo
trovai e potei quindi acquistarlo. Grande fu la mia gioia nello
sfogliare il Giorno dei Ragazzi che usciva il giovedì, dove in
quelle vecchie e talvolta rinsecchite pagine potei rivedere i lavori
di Jacovitti nonché quelli di altri autori, e con il cuore che
batteva rileggerne le puntate sperse nella memoria. I fumetti di
allora non è che fossero migliori di quelli di oggi ma si
distinguono nel fatto di essere più ingenui, più ariosi, più
spensierati. Era come se da quella guerra spaventosa che aveva
causato la morte di milioni di persone ci fosse stata anche la morte
delle illusioni, tra le quali quella di una bontà insita nell'animo
umano. Per cui ne uscimmo spossati e in quel decennio o poco più che
era seguito alla fine del conflitto inflitto da pochi potenti
farabutti e che era stato talmente spaventoso e assurdo per via della
follia diretta verso alcune etnie, si fosse cercato disperatamente di
dimenticare, quasi che una nuova rinascita e ricrescita fosse
avvenuta.
Era la rinascita che era soltanto l'intervallo
necessario per ricaricare le armi e poi riprendere guerre varie da
parte dell'uomo contro l'uomo. L'intervallo insomma tra il primo e il
secondo tempo di un film così simile nella seconda parte alla prima.
Antonio Mecca