IL RACCONTO DELLE 22 - Nadia - 2

Cominciai da Tele Naviglio, la piccola emittente televisiva nella quale la piccola Nadia aveva mosso i suoi primi agili passi. Un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per l'umanità, era stato detto da Neil Armstrong dopo avere percorso il suolo lunare. Per lei era stato invece una serie di piccoli passi sul suolo televisivo che l'avevano fatta arrivare a grandi balzi verso un'umanità che l’aveva caratterizzata da subito. 

L’emittente si trovava ancora là dove era nata, in via Zuretti, una parallela di via Gioia a circa un chilometro dalla stazione Centrale, che distava un chilometro o poco più da dove si trovava la mia agenzia. Lontana anni luce da dove si trovavano le agenzie dei poliziotti privati famosi. Si trattava di un ex capannone industriale adattato a studi televisivi: non più di due, dei quali uno era poco più di uno sgabuzzino per le scope riadattato, e poi una serie di salette di montaggio, più una di uffici redazionali. Constava di poche persone: se anche loro come Nadia era stata, poche ma buone, di cui una metà costituita da tecnici. La doppia porta a vetri che immetteva all'interno era sotto il controllo di una graziosa ragazza all'incirca sui trentacinque anni, si trovava in quella fascia di età dove gli anni aggiungono ma non tolgono; aggiungono fascino ma non tolgono bellezza. 

Mi accolse con un sorriso di benvenuto che pur non mettendo tutti i suoi bei denti in bella mostra era comunque propenso a elargirmi sufficiente credito per ciò che riguardava l’immediato.

- Buongiorno - la salutai. - Sono Solmi: investigatore privato. Avrei bisogno di parlare con Luigi Valdesi.

La ragazza non diminuì l’intensità del suo bianco sorriso, anzi aumentò quella dei suoi verdi occhi.

- Posso chiederle il motivo?

- Certo che può chiedermelo.

Aspettò, stupita di non ricevere risposta. Poi sorrisi, e risposi.

- È a proposito di una vostra ex collaboratrice: Nadia, la giornalista ora di Italia Uno. 

- Nadia… La ricordo benissimo. Come sta?  

- Bene - la rassicurai.

- Adesso avviso Luigi - disse sollevando la cornetta del telefono e formando alcuni numeri sulla tastiera. Nell’attesa mi guardai intorno. Alcune persone di vario sesso e di età diversa si incrociavano nell’atrio.

- Luigi? Sono Giovanna. C’è qui alla reception un investigatore privato, un certo… 

- si interruppe per poter leggere sul mio documento di identificazione - … Solmi, che vorrebbe

parlare con te di Nadia.

Ascoltò la risposta. Che poi trasmise a me dopo avere riposto la cornetta sulla forcella.

- Va bene, signor Solmi, Luigi la sta aspettando. Salga fino al secondo piano: è il terzo ufficio sulla sinistra.

La ringraziai e mi avviai privilegiando le scale, che molti invece snobbano a favore dell’ascensore. Approdato al secondo piano imboccai il corridoio segnalatomi che comprendeva una decina di stanze, cinque su ogni lato. Si trattava più che altro di sale di montaggio alternate a uffici. Da uno di questi ultimi fuoriuscì un uomo ancora giovane, sulla quarantina, di statura media e fisico asciutto. I neri capelli erano pettinati di lato, con la scriminatura sulla sinistra. I lineamenti del volto erano armoniosi. 

- Signor Solmi? – si informò con voce dal tono bonario. 

- Sì. Lei è il signor Valdesi?

- In tutta la sua modesta persona - replicò. - Ma prego, si accomodi: il mio ufficio è a sua disposizione.

Varcai la soglia di un ufficio altrettanto modesto che poteva benissimo competere con il mio. Vi trovavano ospitalità una scrivania in legno chiaro, due poltroncine in pelle scura - quasi che la gradazione dei colori fosse quella nata color carbone e poi sfumata in color fango primordiale - due sedie poggiate a una parete, un televisore sopra la mensola, un videoregistratore su quella sottostante. Una scaffalatura di metallo riportava molti dvd e varie videocassette.

- Si accomodi- ripeté l’uomo indicando la sedia a lui di fronte, mentre si accomodava a propria volta. - Lei è qui per Nadia…?

- Sì. Sto lavorando per lei, perché come forse già saprà Nadia è fatta oggetto di molestie telefoniche da vari giorni, molestie ovviamente anonime di cui non si capisce chi possa essere l’autore.

- Non lo sapevo. Perché? - aggiunse fissandomi. - Avrei forse dovuto saperlo? No, non ne sapevo

  nulla - disse con voce e sguardo sinceri; almeno in apparenza. - Cosa le dicono?

- Che deve pagare per quello che ha fatto.

Lo fissai. - Che cosa avrebbe fatto, secondo lei?

- Cosa ne posso sapere, amico? Non ci frequentiamo più da quasi un anno, e questo per sua volontà.

- Vi siete lasciati così, senza una ragione?

L’uomo si appoggiò allo schienale della poltroncina semi direzionale, direzionando il suo sguardo su di me. 

- Siamo stati insieme otto anni, poi si sa come va o come può andare a finire una relazione: in una situazione di stallo, di logorio che finisce per riflettersi nei rapporti di lavoro e di frequentazione. Colpa anche mia, che avevo finito per non starle vicino quando invece più avrei dovuto perché ammalatasi. È che noi uomini tendiamo a stabilizzarci e a dare tutto per scontato, come se tutto fosse per sempre. E invece niente è per sempre, perché le donne: soprattutto quelle giovani, soprattutto quelle del mondo dello spettacolo o di quello giornalistico, hanno sempre il fuoco addosso, un sacro fuoco che va alimentato stando attenti a che non si spenga. Inoltre Nadia aveva lasciato la nostra emittente già da tre anni, e inevitabilmente questo ha finito per influire sulla rottura del nostro rapporto, sul fatto che lei avesse fatto nuovi incontri.

- Tra questi, quello che ha preso il suo posto, signor Valdesi?

Non parve gradire la frase.

- Se vuole, può anche metterla così.

- La sua ex dice che lei aveva già una sua sostituta pronta.

- No, che non ce la avevo. Perché per me Nadia era il massimo che mi potesse capitare, un'esperienza totalizzante che mi assorbiva completamente. Chiunque la vede sul piccolo schermo può rendersene conto. La sua carica umana, la sua intelligenza viva, la forza che trasmette nel suo lavoro, lo sguardo illuminato degli occhi: lei è così, sincera e pulita, simpatica e grintosa. 

Quando è approdata nella nostra piccola emittente, dopo avere svolto vari lavori per pagarsi gli studi universitari, ha dimostrato da subito una grande forza di volontà di imparare e di fare. Ha realizzato servizi esterni, condotto il notiziario, presentato qualche programma in studio. Aveva imparato a usare le apparecchiature rvm per montare i servizi da lei realizzati, a inserire le musiche giuste, a ridurre un'intervista a due minuti salvando del girato le parti più essenziali.

Nadia era un ottimo elemento, una promettente allieva che si è tramutata in un'ottima giornalista. Da qui a spiccare il volo verso un'emittente del calibro di Italia Uno c’era da aspettarselo.

- Ma forse non da augurarselo.

Sorrise, tristemente.

- Sì, forse è così. Avrei voluto che restasse sempre con noi, qui dove era cresciuta e maturata.

  Ma, appunto: era cresciuta, e maturata.

- Conosce Luca Baldini, il suo nuovo compagno?

- Di vista. È uno degli autori del programma di cui Nadia rappresenta una delle punte di diamante. E non poteva che essere così, vista la sua eccezionale bravura. 

Una donna si affacciò sulla soglia dell’ufficio.

- Luigi, ho bisogno di un operatore per andare a riprendere il sindaco e a intervistarlo. 

- Sì, Marina. Rivolgiti pure a Carlo; lo troverai al bar.

- Speriamo ancora sufficientemente sobrio - si augurò lei.

- Vanno lì più che altro per riunirsi. Mica sono tutti come Antonio che se ne stava in un angolo dello studio vuoto a leggere libri pieni di pensieri profondi. 

- Se non altro gli è servito per farsi una cultura nel mondo delle lettere.

- Non in quelle di raccomandazione, visti gli scarsi risultati ottenuti.

La donna uscì, lasciando nella stanza la scia del suo profumo: un misto di crisantemo polverizzato e di alghe marine arenatesi da anni.

Tornai a rivolgere domande.

- Che lei sappia, qui in sede Nadia può essersi fatta dei nemici?

Scosse il capo.

- Non so, ma non credo. Lei è sempre stata benvoluta da tutti. È un tipo speciale, la mia… Nadia.

Pronunciò il nome - quel nome - con la voce che andava gradatamente spegnendosi.

- Mi scusi, - continuò dopo - dimentico troppo spesso che non stiamo più insieme da un pezzo. Un pezzo della mia vita ormai passata. - Si interruppe, lo sguardo fisso nel vuoto. - La nostra è stata una relazione fatta di complicità, di amore, di amicizia. La sua intelligenza, la sua follia, la sua effervescenza rendevano il nostro rapporto così unico, vivo, intrigante… Non doveva finire così, perché non ero ancora pronto a una separazione. E forse, non lo sarei stato mai.

Lo sguardo tornò su di me.

- Mi giudicherà eccessivamente tenero, ma mi creda: mi è molto difficile pensare a lei con freddezza. Chi non la conosce non può rendersene conto.

- Invece credo sia facile rendersene conto, signor Valdesi. Nadia è una ragazza speciale, lo si capisce da subito, anche senza averla frequentata di persona.

- Già. - Sembrò poi uscire dalla dimensione del suo ricordo, e disse - Crede ancora possa essere io il suo stalker? 

Scossi il capo.

- No. Ma non potevo non incontrarla, e così facendo, ho avuto modo di convincermene. - Annuì, con un cenno di ringraziamento. 

- Magari lo riferisca anche a lei, quando la rivedrà. E le dica anche… - sembrò esitare - che sono sempre pronto a darle una mano, a offrirle l’affetto che non ho mai cessato di nutrire nei suoi confronti. Vede, signor Solmi: si dice, fra le tante fesserie che si dicono, che la donna possiede una marcia in più rispetto all’uomo. Be’, se questo fosse vero, Nadia di marce in più ne possiede un intero cambio, che le consente di scalare marcia su marcia tutte le tappe di un mestiere che sembra fatto apposta per lei. Non ho mai conosciuto una come Nadia. E mai più avrò modo di conoscerne altre - aggiunse con tristezza.

Annuii, comprensivo. Dopodiché mi alzai, accingendomi a congedarmi.

- Va bene, signor Valdesi: la ringrazio per avermi offerto una parte del suo tempo. Può darsi che tornerò, per parlare ancora con lei o con qualcun altro del vostro gruppo.

- Non si faccia scrupolo di farlo – disse a mo’ di commiato.


Antonio Mecca

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