IL ROMANZO DELLE ORE 20

Il RIFUGIO di Albertina Fancetti - Trentunesima puntata

Valeria si svegliò, quando le sottili lame della luce del mattino cominciavano a invadere il salotto, intrufolandosi tra le persiane chiuse. Si sentiva le ossa rotte a causa della scomoda posizione in cui si era addormentata. Gli eventi della sera prima le piombarono addosso in tutta la loro penosa realtà.
Aveva perso Sandro… la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Si buttò sotto la doccia, si vestì in modo sportivo e decise di fare colazione al bar. Era fra i clienti più mattinieri ed ebbe tutto il tempo di leggere una copia del Corriere rimasta sul tavolino. Nella strada sotto casa sua regnava un insolito fermento. Era giovedì, il giorno del mercato. Girellò fra le bancarelle e acquistò un maglione azzurro, quindi salì su Violetta e si inoltrò nel traffico fino a raggiungere il Rifugio. Vi trovò Paolo e il signor Emilio accompagnato da Dolly, che le fece un sacco di feste.
- Ciao Valeria, oggi sei mattiniera o mi sbaglio? - osservò Paolo.
- Sì, non avevo voglia di restare a casa, tanto qui c’è sempre qualcosa da fare no?
- Va tutto bene? - le chiese Paolo avvicinandosi.
- No, non va bene affatto. Mio marito se ne è andato da casa. Ha conosciuto un’altra donna e… sono cose che succedono - confessò Valeria con sincerità.
- Mi dispiace, sono certo che non te lo meritavi - le disse Paolo, nel tentativo di confortarla.
- Ma! Invece forse sì… comunque non mi ucciderò per questo. Mi rimane mia figlia, inoltre la mia attività qui al Rifugio mi aiuterà molto. Basta, non voglio sentirmi triste e rattristare anche te, è un brutto periodo, ma passerà - chiuse Valeria con decisione.
La giornata trascorse fra le mille incombenze che comportava il mandare avanti la piccola comunità. La sera arrivò fin troppo presto e Valeria paventava il momento del ritorno nella casa vuota, dove non c’era più nessuno da aspettare. Parcheggiò Violetta al solito posto e si avviò verso il portone. Simona la stava aspettando, aveva un’espressione tesa sul volto dai lineamenti marcati, così simili a quelli di Sandro.
- Dobbiamo parlare… non credi? - esordì, senza salutare la madre.
- Certo tesoro, hai pranzato con tuo padre? Ti ha spiegato tutto mi pare…
- Mi ha spiegato tutto, per questo sono qui - rispose Simona.
Valeria aprì la porta e si accomodarono in salotto.
- Ma come hai potuto permettere a una qualsiasi puttana opportunista di portarti via tuo marito? -l’aggredì la figlia.
- Simona, tuo padre non è un vaso di fiori che qualcuno può prendere e portare via. Si è invaghito di un’altra donna e vuole stare con lei - tentò di spiegarle Valeria.
- No! Non sarebbe mai successo se tu non fossi quell’ameba che sei. Troppo mite, sempre perfetta, troppo noiosa. Non hai capito che lui si sentiva spento vicino a te? Avresti potuto cercare di coinvolgerlo in qualcosa di stimolante, anziché trascorrere le tue giornate in quel covo di disgraziati. Potevi vestirti in modo diverso, magari un po’ più sexy, è da quando sono nata che ti vedo solo vestita di beige e cammello, preoccupata di apparire una signora bon ton.
Simona le aveva parlato con un livore che lasciò Valeria allibita.
- Ti sbagli, proprio stamattina mi sono comprata un maglione azzurro - replicò, nel tentativo di sdrammatizzare.
- Ma non te ne importa proprio nulla? Non ti rendi conto che niente sarà più come prima. Oggi ho pranzato con papà, stasera sono qui con te e il prossimo Natale come sarà? Lo passeremo ognuno per contro proprio? Avresti dovuto lottare per te e per me, non avresti mai dovuto permettergli di andare via! - Simona scoppiò in singhiozzi disperati e sembrò tornata bambina. Valeria l’abbracciò cercando di consolarla.
- Tesoro io per te ci sarò sempre. Se tuo padre non era più felice, nessuno aveva il diritto di trattenerlo - le disse con dolcezza.
- Sai benissimo che si pentirà di quello che ha fatto. Quella donna lo vuole solo per essere aiutata a sbarcare il lunario e crede di aver trovato un pollo da spennare - disse Simona con rabbia.
- Vedremo Simona, vedremo… Intanto tu hai la tua vita, il tuo compagno, sei grande ormai. Capisco che tutto questo non ti faccia piacere, ma devi cercare di non farne un dramma, come del resto non lo faccio neppure io - concluse Valeria.
- Mi avete deluso tutti e due, ma tu più di lui. Non capisco come tu possa essere sempre stata così passiva - Simona appariva addirittura disgustata.
- Io non sono affatto passiva, lo sono diventata con tuo padre a causa della sua indifferenza. In quel covo di disgraziati come lo chiami tu, ho trovato più affetto e comprensione che a casa mia - replicò Valeria ormai spazientita. - Non mi aspettavo pacche di conforto sulla spalla, ma che tu oltretutto mi aggredisca perché tuo padre ha deciso di fare questa cazzata, beh mi sembra davvero il colmo!
- Sono certa che l’hai portato tu a fare questo passo. Sei sempre stata mediocre in tutto: come madre, come moglie, come impiegata. Evidentemente per riuscire a essere apprezzata hai dovuto rivolgerti a dei disadattati. Bene, per quello che mi riguarda te li puoi anche tenere!
Simona si sollevò dal divano, si infilò con furia il costoso giubbotto di pelle, dirigendosi verso la porta. Per la seconda volta in ventiquattrore Valeria la sentì sbattere e ne rimase annientata. Le parole della figlia l’avevano ferita profondamente. Trascorse le ore seguenti ad analizzare il penoso dialogo sostenuto, si mise ancora una volta in discussione, e arrivò alla conclusione che Simona non aveva tutti i torti. Era vero, aveva condotto una vita mediocre, tutta lavoro e famiglia, scontentando tutti. Aveva trascurato la bambina e non si era fatta valere neppure sul posto di lavoro. Quanto a Sandro, l’idea di combattere per lui armata di guepiere e calze a rete la fece sorridere tra le lacrime. Non aveva mai amato quegli artifizi, neppure quando era giovane e poteva esibire delle gambe perfette.
Prese un sedativo, questa volta a stomaco vuoto, si sentiva troppo sconvolta per ingoiare alcunché.
Di nuovo scivolò nel sonno non appena raggiunse il letto.


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