L’ARIA DI MILANO

L'aria di questa città puzza

E non certo di campi coltivati a letame. Quando al mattino presto si aprono le finestre un odore acre, pungente, che oscilla tra l’ammoniaca e l’oscenità, sferza le fosse nasali. Non è il freddo a comandare di chiudere immediatamente gli infissi ma la repulsione verso quell’innaturale miasma. L’inevitabile impatto di lì a pochi minuti, appena fuori casa, stordisce come una sbronza ma l’olfatto pian piano si assuefà, o meglio, si rassegna. La nostra città non è certo agevolata dalla sua collocazione geografica. Lo era un tempo prima dell’industria o dei combustibili fossili dove la grassa terra, nutrita da le limpide sorgenti e fiumi fecondatori decantati da Bonvesin De La Riva, forniva tutto ciò di cui necessitiamo.

In seguito, la poetica, affascinante ma tossica scighera(nebbia) all'epoca delle grandi fabbriche, che tanto lustro hanno donato al capoluogo lombardo, ha intossicato intere generazioni di milanesi.

I tempi sono cambiati ma non la situazione che stagna quanto la cappa di smog che affligge ancora Milano. Le colpe e le responsabilità fioccano come la neve che non cade più. Non cade nemmeno la pioggia che una volta ripuliva le conseguenze del progresso. Sfortuna vuole che Milano sia un sassolino in una vasta buca chiamata Pianura Padana e, per quanto lodevole l’attuale impegno comunale di rendere vivibile questa città, senza un coadiuvato supporto regionale la qualità dell’aria rimarrà allo stato attuale: irrespirabile. Tuttavia, Milano potrebbe, se lo desiderasse davvero, essere precorritrice del cambiamento come spesso lo è stata in passato. Deve solo decidere come definirsi e riconquistare un’identità. I milanesi e i pendolari non sono stati folgorati da un’epifania ecologista; la macchina la prendono e la prendono tutti i giorni. Le nostre vie, già striminzite e ora rese ancor più anguste, sono costrette a subire il medesimo traffico degli anni '80 con conseguente e crescente accumulo di inquinanti.  Desideriamo essere avanguardia del sostenibile con piste ciclabili, nuove metropolitane. (…E un Teleriscaldamento fermo da anni, che davvero avrebbe potuto fare la differenza). Ma vogliamo anche strenuamente erigerci a capitale di richiamo per gli investimenti esteri, non disponendo però di uno spazio fisico come Londra o Parigi. Mai, e poi mai, che si parli di quanto i blasonati e ricorrenti eventi di moda o design impattino sulla nostra qualità dell’aria; mediaticamente, prima e dopo, i sensi di colpa ambientali vengono addossati unicamente ai cittadini. Siamo divenuti un meschino paradosso, un improbabile Giano Bifronte che guarda a due realtà totalmente inconciliabili, sospese tra un provinciale ecologismo che sogna un bucolico futuro e irrinunciabili velleità capitalistiche di città globale. La suddetta identità di Milano langue, quanto langue l’ossigeno a disposizione.  Intanto l’aria continua a puzzare.

Riccardo Rossetti

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