L'ultimo cliente - 17
- 06 novembre 2021 Cultura

Fuori da quell'appartamento diventava un'altra persona: pudica, interessata ai libri, al teatro, ai concerti. Viveva sola in una casa di Monza, perché la vita a due che un tempo aveva condotto non aveva funzionato e quindi lei aveva deciso di non riprovarci. Da tempo aveva preso una decisione: quella che l'ultimo cliente da lei avuto nel corso dell'ultimo giorno di lavoro, immediatamente prima di abbandonare la professione, non lo avrebbe fatto pagare. Glielo avrebbe comunicato a fine rapporto, dopodiché – una volta uscito - avrebbe chiuso l'appartamento lasciandolo per sempre. Così...
... "Luca, questa volta non voglio i tuoi soldi. Perché questa volta è stata per me l'ultima volta.” Lui, che non se lo aspettava restò con il denaro in mano, stupito.. Si era già rivestito, aveva allacciato il cinturino dell'orologio al polso, l'orologio che suo padre aveva portato fino alla morte avvenuta in ospedale e ora la fissava con curiosità. “Cosa intendi dire?” “Che tu sei stato il mio ultimo cliente. Da stasera mi ritiro”. “Ma come,,così, all'improvviso?" “Non all'improvviso. Ci stavo pensando da molto tempo". “Non mi avevi mai detto nulla...” “Perché avrei dovuto?” Già. Perché avrebbe dovuto? Chi era lui perché lei gli si confidasse? Eppure, Luca si sentiva come tradito, lui che a lei aveva finito col tempo per affezionarsi,, per considerarla più su di quanto lei fosse, o meritasse di essere. E così quell'idea cominciò a insinuarsi nella sua mente, come un tarlo nel legno. E non gli riusciva di scacciarla, non lo voleva lasciare.
Ma allora - le disse con voce mogia – non ci rivedremo più?”' “Direi proprio di no. Da adesso cambio vita". Gli sorrise, quasi con candore, quasi fosse tornata a essere una creatura virginale. Lei! Lei che per anni aveva peccato, in promiscuità con uomini sconosciuti. E adesso lui, che l'aveva riempita di soldi, ecco che veniva estromesso dalla sua vita..Le sue mani raggiunsero il portalampada, e quasi autonomamente glielo calarono sulla testa. La donna non aveva avuto modo di evitare il colpo, e si era accasciata a terra, la vestaglia che si apriva come un sipario sulla nuda scena del suo corpo privo di indumenti intimi, gli occhi sbarrati come a chiedersi perché. Poi, le mani dell'uomo erano risalite sul collo, che sempre più forte venne stretto fino a privarle il cervello di ossigeno e il corpo di vita. Quindi Laura Franceschi era morta, come i suoi sogni da tempo coltivati. Lui nel vederla priva di vita, gli occhi spalancati sul nulla, la bocca socchiusa dalla quale non usciva più suono alcuno, si era come risvegliato, e colto dal terrore aveva lasciato l'appartamento stando bene attento a non essere visto. Era riuscito a raggiungere il treno giusto poco prima che questo partisse, e si era accasciato sul primo sedile che aveva trovato libero, pensando di continuo a quello che gli era successo. A quello che era successo alla donna, meno. Poi, arrivato a casa, era riuscito a dissimulare le proprie emozioni e piano piano si era ripreso. E adesso... - E adesso? - chiese agli uomini della legge lì radunati. - E adesso la condurremo a Milano, dove in carcere aspetterà il processo che la vede coinvolto nell'assassinio di Laura Franceschi. - Gli rispose il magistrato, un uomo ancora giovane e sufficientemente indignato di fronte alle porcherie del mondo criminale.. - Era solo una dannata puttana! - gridò l'assassino con disperazione.- Era un essere umano - gli ricordò Scalise - che lei ha ucciso così come si uccide una mosca. Poi venne avvisata la moglie e approntata una macchina che trasportasse nel carcere di San Vittore l'ultimo cliente di una prostituta che in procinto di abbandonare il mestiere aveva deciso di compiere un atto di generosità.
Antonio Mecca