L’USCITA PROIBITA di Albertina Fancetti

PRIMA PUNTATA

Il profumo dell’autunno milanese l’accolse non appena uscì dalla Stazione Centrale. La serata era tiepida, sebbene fossero gli ultimi giorni di settembre, ma si avvertiva una lieve foschia gravida di sentori sconosciuti. Si diresse verso la fila di taxi dall’aspetto immacolato trascinando la voluminosa valigia. L’uomo al volante scese ad aiutarla osservando con visibile sgomento la sua estrema magrezza. 

- Dove posso portarla signorina? - chiese aprendole la portiera.

La ragazza tolse un foglio dalla tasca dei jeans, spiegandolo con le dita sottili.

-Via Del Guast numero 14 - disse dopo averlo consulatato. 

- Mai sentita questa via… ma si accomodi mentre guardo la cartina. 

- Il tassista distese la pianta della città sul sedile anteriore, facendo scorrere il dito grassoccio sull’elenco delle vie. 

- Mi dispiace ma non esiste questa strada a Milano. È sicura che l’indirizzo sia esatto? 

- Certo che sono sicura - rispose la ragazza mostrandogli la lettera, sulla quale una calligrafia d’altri tempi riportava l’indirizzo riferito.

- Eppure sullo stradario di Milano questa via non è registrata. Non le hanno fornito un punto di riferimento circa la zona dove potrebbe trovarsi?  

- La signora dell’agenzia mi ha parlato di un parco vicino al Castello Sforzesco  

- Facciamo così, l’accompagno in quel quartiere dove potrà chiedere a qualche residente - propose il tassista.

- Va bene, portiamoci nei paraggi e poi in qualche modo mi arrangerò - disse la ragazza.

Il taxi partì dolcemente uscendo dalla galleria della stazione e si inoltrò nel traffico caotico dell’ora di punta. Dallo specchietto retrovisore scrutava il volto delicato della passeggera, soffermandosi sui grandi occhi grigi che osservavano il paesaggio metropolitano e la mano diafana che ogni tanto ravviava con noncuranza i capelli nerissimi, lisci e lucidi come l’ala di un corvo. Squillò il cellulare, una melodia classica dalle note dolcissime, tanto diversa dalle suonerie sguaiate che era abituato a sentire.

- Rubina sono la mamma, come stai tesoro? Sei arrivata? Tutto bene? –

-  È tutto ok - rispose laconica la ragazza.

- Mi raccomando cerca di mangiare qualcosa…

Clic. Rubina aveva chiuso la comunicazione, spense il cellulare e lo ripose nello zainetto con movimenti metodici. Dopo circa venti minuti il tassista la lasciò in via Legnano, lungo il marciapiede che costeggiava il Parco Sempione. La ragazza si sedette su una panchina, erano ormai trascorse le diciannove. Il fitto fogliame degli alberi lasciava trasparire una morbida luce soffusa che accendeva riflessi rosati sulle facciate delle antiche case signorili. Un lungo tram passava sferraglliando sui binari, stipato del suo carico umano e variegato. Le luci dei lampioni cominciavano ad accendersi insieme alle finestre delle case. Era strano essere fuori a quell’ora in una città sconosciuta. Non aveva pensato di richiedere il recapito telefonico della signora che le aveva affittato la stanza, durante il periodo in cui avrebbe frequentato l’università e ora non sapeva a chi rivolgersi per raggiungere quell’abitazione. Passò una signora elegante con un piccolo cane tenuto al guinzaglio. 

- Mi scusi signora, dovrei andare in via Del Guast al numero 14. Mi hanno detto che si trova da queste parti… - chiese Rubina.

- Mai sentita nominare… mi dispiace – disse la donna, osservandola con diffidenza.

La ragazza si sedette nuovamente sulla panchina, mentre le ombre della sera si allungavano sulla città. Arrivò un giovane uomo che camminava a passo svelto portando la classica valigetta da manager. Rubina gli rivolse la stessa domanda. Lui la guardò con espressione perplessa.

-Mi dispiace ma non conosco questa via. È proprio sicura che sia da queste parti? - Costernato per non aver potuto esserle utile, l’uomo proseguì il suo cammino. La ragazza afferrò la sua valigia con decisione e si incamminò trascinandola in direzione del centro. Il marciapiede appariva deserto, tutti erano a cena. Le strade si sarebbero animate di nuovo nella notte. I fari delle auto luccicavano nel buio, sembravano creature vive e rassicuranti. 

Una forma confusa, ingobbita, che camminava stentatamente appoggiandosi a un bastone, proveniva dalla direzione opposta. Quando le giunse vicino Rubina la osservò con curiosità, sembrava un personaggio uscito da un romanzo ottocentesco. L’anziana signora sollevò il capo coperto da un foulard scozzese, il suo volto appariva segnato da una fitta rete di rughe profonde come solchi. Gli occhi celesti dallo sguardo luminoso brillavano nel buio. 

- Mi dai una moneta? - farfugliò con una vocina soave.

La ragaza frugò nelle tasche dei jeans levando una moneta da un euro e la porse alla mendicante.

- Signora forse lei conosce la via Del Guast? Dovrei raggiungere il numero 14 - chiese Rubina in tono speranzoso. La vecchina sorrise mostrandole l’unico dente rimasto, una triste zanna lunga e ingiallita.

- La via Del Guast non esiste più… ora si chiama via Anfiteatro ed è quella lì davanti a te - disse indicando il lato opposto del viale dove, oltre le rotaie del tram, si apriva un vicolo tra due antichi palazzi - si chiamava così più di cent’anni fa per questo nessuno se lo ricorda più. 

- La ringrazio davvero molto, mi ha proprio salvato! - disse Rubina con sollievo.

- Di niente cara, buonanotte e attenta ai briganti! Via Del Guast era molto malfamata…

L’anziana mendicante si allontanò nella notte appoggiandosi al suo bastone. Rubina attraversò il viale trascinando la sua valigia.  

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