LA PRIMA AVIATRICE D’ ITALIA
- 09 aprile 2019 Cultura
La milanese Rosina Ferrario
Desiderava ardentemente diventare la prima aviatrice italiana e nulla e nessuno avrebbero potuto fermare Rosina Ferrario. Nata a Milano il 28 luglio 1888 in una famiglia borghese; seconda di quattro sorelle, non aveva sogni simili alle sue coetanee come un principe azzurro o una famiglia sua. Si recò infatti a Londra da parenti in cerca di un impiego perché nella cultura anglosassone non c’era nulla di strano in una signorina che lavorava.
Quando tornò a Milano lavorò come segretaria per la Cadillac, dedicando il suo tempo libero alle escursioni in montagna e al ciclismo ma quando la città ospitò nel 1910 il Circuito Aereo Internazionale, Rosina prese la sua decisione: sarebbe diventata un’aviatrice. Naturalmente la famiglia si oppose ma ci sarebbe stata più speranza di spalare il mare con un forcone piuttosto che farle cambiare idea.
Nel 1911 iniziò a frequentare il campo-scuola di Taliedo e nel 1912 si iscrisse alla Scuola di Aviazione di Vizzola Ticino dell’Ing. Caproni. A bordo di un ferrovecchio utilizzato per i principianti, Rosina spiccò il suo primo volo ma lo sfasciò nell'atterraggio; non si fece neppure un graffio e rifuse l’importo (1500 lire) del monoplano. Senza mai demordere, con i suoi 24 anni, la sua esile figura e la sua volontà d’acciaio, riuscì a conseguire il brevetto di volo pochi mesi dopo.
L'aviatore Carlo Maria Piazza così le scrisse: “Tutte le mie più vive congratulazioni, Signorina, ma preferirei saperla più mamma che aviatrice”.
Prode ma non certo un genio. Ad ogni modo, da allora la Ferrario si esibì in diverse manifestazioni sportive in Italia e all'estero; ne scrissero riviste e giornali, non solo per un pubblico femminile, e ne decantavano continuamente il coraggio, la grazia e l’eleganza.
Con l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, Rosina, certa di poter essere utile, presentò domanda alla Croce Rossa per pilotare gli aerei di soccorso per i feriti ma questa fu respinta perché inoltrata da una donna. Chiese quindi di essere ammessa a un corso di perfezionamento per Piloti Volontari e le motivazioni del rifiuto furono le stesse. Indefessa come sempre, contattò il Ministero della Guerra per essere integrata nell'aeronautica. Ecco la risposta che ottenne: “non è previsto l’arruolamento di signorine nel Regio Esercito”. Rosina, pur partecipando in seguito a raduni e manifestazioni, non volò più; non per risentimento, ma perché comprese che il romanticismo legato agli esordi del volo era ormai giunto al termine. Sposò un imprenditore milanese con il quale gestì il famoso Hotel Italia, ebbe due figli e nel 1943 ricevette la Medaglia di Benemerenza per i Pionieri dell’Aeronautica. Morì a Milano il 3 luglio del 1957.
Forse, senza sospettarlo, tutte le donne d’Italia le sono debitrici.
Riccardo Rossetti