La questione degli insegnanti 1

Nella scuola lunga storia di immobilità e riforme mancate.
Nuovo anno scolastico, scuola nuova? Non pare.

Da ogni parte degli schieramenti politici e culturali si converge sull’idea che il sistema di istruzione sia il motore principale della costruzione della Nazione e sulla facile constatazione che è sempre più inceppato. All’inizio di ogni anno scolastico ciascuna delle forze in campo propone analisi e fa proposte di cambiamento. “La riforma della scuola” è uno dei più longevi miti programmatici dei governi e delle opposizioni a settembre. Talmente longevo che attraversa i decenni come la salamandra il fuoco. Niente paura: il dibattito dura meno di un mese.
La ragione è che, dopo la riforma della scuola media del 1963 e dopo la riforma della scuola di base del 1985 della Falcucci, tanto Luigi Berlinguer nel 1996 quanto Letizia Moratti nel 2001 non sono riusciti ad andare oltre. Così “l’emergenza scolastica” costituisce almeno la metà dell’”emergenza educativa” del Paese. Detta in termini più crudi: essa è la causa prima del declino dell’Italia. Il Paese non riesce più a tenere dietro all’Europa e al mondo.  
A tal punto che qualcuno l’ha buttata, ormai, sul piano dell’epistemologia critica delle riforme: la pretesa di fare riforme sarebbe una forma di giacobinismo. E così oscilliamo pigramente tra il giacobinismo velleitario e il doroteismo rassegnato, travestito da teoria della complessità.
Gli assi culturali europei
È questione di assi culturali? Al netto di una qualche tensione puramente ideologica tra sovranisti-identitari e globalisti, gli assi di competenza sono già stati definiti dal Parlamento europeo e dal Consiglio nella Raccomandazione del 18 dicembre 2006 e riconfermati il 22 maggio 2018.  Essi sono: la competenza alfabetica funzionale, la competenza multilinguistica, la competenza matematica, la competenza in scienze, la competenza in tecnologie ed ingegneria, la competenza digitale, la competenza personale, sociale, la competenza in materia di cittadinanza, la competenza imprenditoriale, la competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturale. In questo elenco si trova intero l’uomo vitruviano di Leonardo. Passare da questo elenco al “Sillabo dei saperi” e ai programmi è compito dei Ministri nazionali dell’Istruzione. Per quanto riguarda l’Italia, il Ministro Fioroni ha fatto un primo passo con il Decreto del 22 agosto 2007 n. 139. Che aveva sintetizzato le esondanti e enciclopediche indicazioni europee in “quattro assi”: l’asse dei linguaggi, l’asse matematico, l’asse scientifico-tecnologico, l’asse storico-sociale.

Chi comanda il sistema nazionale di istruzione?
Tradurre i saperi in competenze, programmi, organizzazione concreta del sistema di istruzione è compito del sistema educativo e di istruzione nazionale.
Ma qui sta nascosta la pietra d’inciampo di ogni tentativo di riforma passato, presente, futuro del sistema di istruzione. Finché non sarà rimossa, tutto il dibattito sugli assi culturali, sull’identità italiana, sul multiculturalismo, sul globalismo servirà soltanto a riempire le pagine culturali dei giornali, ma non genererà nessuna riforma. La pietra d’inciampo è la questione della formazione, reclutamento, retribuzione, carriere del corpo docente. Il fatto è che i docenti sono la classe dirigente reale del Paese, perché sono la matrice intellettuale diffusa della cittadinanza. La qualità professionale dei docenti decide della qualità del Paese. Si tratta di un filtro spesso di almeno ottocentomila persone, da cui dipende il futuro del Paese. Basterebbe questa semplice constatazione per spingere l’intero mondo della cultura e della politica a convergere su una riforma dello statuto della professione docente.
Al momento, che dura da decenni, i padroni del vapore docente sono due: l’Amministrazione ministeriale e i Sindacati. L’Amministrazione è divenuta sempre più pervasiva in procedure e adempimenti nella vita quotidiana didattica degli insegnanti. Chi puntava sull’informatica per snellire gli iter burocratici si è subito dovuto ricredere. I motori dell’invasione burocratica sono noti: l’ideologia e la pratica ossessiva della privacy, l’incubo dei ricorsi e dei Tar, la crescente intrusione aggressiva dei genitori, la fragilità crescente dei ragazzi. In risposta l’amministrazione costruisce incessantemente casematte procedurali di garanzia, che proteggono e soffocano come le sbarre di una prigione.

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