Ma sono davvero diecimila?

Circa diecimila anni fa gli Insubri si insediarono in queste terre e costruirono le prime capanne. In seguito furono scacciati dai bellicosi Etruschi, comandati da due condottieri di nome Medo e Olanoi cui nomi congiunti si leggono Medolano. Nella primavera del 623 A.C., un popolo gallico, capeggiato da Belloveso, valicò le Alpi e sconfisse gli Etruschi a Melpum(Melzo). Iniziava così il dominio celtico sulla Pianura Padana.

Intorno al I secolo dopo Cristo, lo scrittore Pompeo Trogo paragonò l’invasione gallica in Italia ad una “primavera sacra” (ver sacrum), un arcaico rito che consacrava agli dei tutto ciò che era animato; Mai Land in tedesco significa appunto Paese Di Maggio, il mese in cui i celti invasero il Nord Italia. Quando i giovani celti raggiungevano l’età adulta, venivano benedetti, bendati, condotti ai confini dei territori conosciuti e spinti a un viaggio verso l’ignoto sotto la guida di un animale sacro che li conducesse a una nuova casa. Un’antica leggenda medievale narra appunto che proprio un cinghiale segnalò a Belloveso il punto dove erigere Milano; la Sus Medio Lanae o scrofa semilanuta è ben visibile tutt’oggi su uno dei pilastri dell’antico Palazzo della Regione.

Potrebbe far sorridere o avvilire che il nome della nostra città derivi da un suino ma dobbiamo tenere presente che per i Celti, il cinghiale rappresentava il potere spirituale (contrapposto al potere temporale dell’orso), ed era spesso raffigurato di colore bianco, come le vesti dei sacerdoti druidi, proprio per il suo sacrale contatto con la natura.

Mediolanum, ovvero un luogo sacro in Mezzo alla pianura scelto non tanto per motivi economici quanto per ragioni spirituali; un punto di contatto tra l’uomo e la natura o, secondo il moderno gallese Llawn (pieno), un Centro di Pienezza, di Perfezione; il Centro del mondo. Molto tempo dopo, nel 1288 D.C. Bonvesin da la Riva, nel suo “De magnalibus Mediolani”, probabilmente irritato dall’accostamento della sua adorata Mediolanum con un maiale, preferirà interpretare il significato etimologico per la posizione centrale tra l’Adda e il Ticino e ricordare l’antico nome insubre della città: Alba. Ma anch’egli non mancherà di decantare il clima temperato, la fertile pianura, “le limpide fonti e i fiumi fecondatori”. Infine, Cesare Correnti, paragonerà Milano a una pianta fatata che, sebbene duramente messa alla prova dalla storia, alla prima occhiata di sole, si rinforza e ringiovanisce perché la terra è buona e le radici sono sane.

Oggi si stenta a crederlo ma per quanto forte e indipendente, industriosa e moderna, inquinata e frenetica, l’essenza stessa di Milano pare sia la sua antica sinergia con la natura. E forse è proprio questo il monito che ci giunge dal passato; qualsiasi strada si decida di imboccare, non dimentichiamo mai che tutti noi siamo figli di madre natura e che le dobbiamo portare rispetto.

Riccardo Rossetti

 


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