"Mamma mia che impressione"

Sordi, vicino alla terme di Caracalla
dormiva, non giocava a Palla

La casa di Alberto Sordi si trova (ovviamente a Roma,) nei pressi delle Terme di Caracalla, su un poggio che domina parte della città antica (a suo tempo dominatrice di mezzo mondo). Nel cuore di Roma, così come Alberto Sordi è stato nel cuore dei romani e non solo di loro.
L'attore l'acquistò nel 1954 per una somma che a seconda di chi ne parla varia dai cinque milioni ai dieci agli ottanta. Sordi, che era nato e vissuto a Trastevere per trentacinque anni, aveva notato quello che allora era un casolare e si era affrettato ad acquistarlo, battendo sul tempo il suo grande collega Vittorio De Sica, coproduttore del suo primo film da protagonista "Mamma mia che impressione", realizzato nel 1951. Gli ci vollero alcuni anni per risistemarlo, dopodiché nel 1958 vi si stabilì con la famiglia, vale a dire le due sorelle Savina e Aurelia, essendo i genitori nel frattempo morti. Ora da qualche mese la casa è visitabile, pagando un biglietto di dodici euro che consente la visita guidata lungo le stanze dislocate su due piani. La prima nella quale ho avuto modo di entrare ospita un palcoscenico dove il grande attore poteva esibirsi per un pubblico di amici o farli loro esibire. È tappezzata con i manifesti dei suoi film più rappresentativi, e la peculiarità di questa e delle stanze successive è quella di ospitare gran parte degli oggetti accumulati nel corso dei decenni dall'attore e regista, oggetti di squisita fattura che Alberto Sordi che era una persona che al talento attoriale univa una raffinatezza di cultore dell'Arte collezionò per tutta la vita. Vi sono poi la camera da letto in stile classico, la sala da barbiere, la sala delle proiezioni, lo studio dove l'attore era solito leggere e provare nuovi copioni. Copioni che si possono vedere con scritte autografe di Sordi. Uscendo si approda nel giardino munito di tante piante sempreverdi, come sempreverde è e sarà un artista del calibro di Alberto Sordi. Dalle prime apparizioni teatrali al doppiaggio di molti attori in primis l'altrettanto grande (e grosso) Oliver Hardy. 
La carriera di Sordi può essere divisa in due tempi, come generalmente lo sono i film nelle nostre sale: quella giovane cha va dal successo acquisito a metà degli anni Cinquanta fino ai primi anni Settanta, e quella che da qui arriva con protagonisti personaggi ormai irrimediabilmente anziani fino alla fine degli anni Novanta. Negli ultimi film l'attore rispecchia la sua età matura, che se non fosse stata per il vezzo più che comprensibile di tingersi i capelli sarebbe stata più visibile ancora. Lui, che non era solito uscire spesso di casa per partecipare a feste e festicciole varie, con il passare degli anni ridusse ancora di più le sue uscite pubbliche, preferendo a queste la compagnia delle sorelle e dei collaboratori domestici, nonché la presenza temporanea di qualche bella donna che veniva a trovarlo. Se usciva, aveva il giardino interno che lo accoglieva donandogli l'atmosfera che Roma porta in sé: il mistero che solo le antiche civiltà riescono a produrre. Carlo Verdone afferma che il suo grande collega era solito stare in casa con le imposte abbassate, e chi lo sa che questo non rappresentasse anche il desiderio di vedersi calare le imposte governative. In realtà l'esclusione di una parte del mondo esterno riusciva a riportarlo in un mondo ormai lontano nel tempo, un tempo che era stato anche il suo. Lasciando la casa e scendendo dal poggio, attraversando il piccolo parco esterno se si svolta a sinistra si imbocca la suggestiva via dell'Appia antica, mentre a destra ecco la grande e trafficata arteria che conduce al Circo Massimo e al vicino Colosseo. Spesso l'attore usava dirigersi a San Giovanni in Laterano, dove nelle immediate vicinanze, ad angolo con la via Merulana si trova una classica osteria romana: l'osteria Cannavota, dove mi dicono che Alberto Sordi era solito venirci: da solo o in compagnia, per gustare le pietanze della classica cucina romana. Dalla sua casa la distanza non è molta neppure a piedi. Solo negli ultimi anni non usciva quasi più di casa, e si può quindi comprendere il perché rifiutò il ruolo di Mastro Titta nella celebre commedia "Rugantino", edizione 1998 con Sabrina Ferilli e Valerio Mastandrea. Il dover essere per mesi al teatro Sistina nell'ora in cui era solito cenare davanti alla Tv sintonizzata sul telegiornale, magari quando le palpebre cominciavano ad abbassarsi per il sonno di là da venire, non faceva più per lui. Peccato. Perché sarebbe stata l'occasione di terminare in bellezza una prestigiosa carriera lunga mezzo secolo.

Antonio Mecca

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