MARZO

Racconto poliziesco di Macc Tony

- Mio Dio – furono le prime parole che pronunciò non appena la sua bocca fu libera di parlare…

- Credevo stesse per giungere la mia ora.

- Invece è giunta la polizia – la rincuorò Cardona. – Ci racconti tutto quello che le è successo, ...signora Gamber.

La ragazza, che tale ancora sembrava e ancora si sentiva raccontò tutto su quell’uomo  che il portiere le aveva annunciato e lei aveva autorizzato a far salire, riconoscendolo come il ragazzo con cui oltre dieci anni prima si era incontrata su un treno diretto verso la squallida periferia milanese che tanto le ricordava quella altrettanto squallida fuori Roma. Solo che la periferia milanese era per lei, oltre che squallida, anche triste. Clara Gamber all’epoca lavorava per una piccola televisione locale conducendo un proprio programma. Due anni dopo sarebbe passata alla Rai di Torino, affiancando il conduttore di un programma culturale. E fu durante quest’ultima esperienza che ebbe modo di rivedere il ragazzo o che tale ancora sembrava e si sentiva e di riconoscerlo. Lo aveva invitato alla sede di un centro multimediale dove avrebbe presentato la sua ultima fatica – inferiore forse nello scriverla che non nel leggerla - quel “I clown stanno arrivando” che Cardona aveva letto con grande tormento detestandolo con grande ardore. Poi, alla fine dell’incontro con il pubblico durante il quale aveva firmato copie dei suoi libri una anche a lui, al ragazzo del passante ferroviario – da qui la dedica che il poliziotto aveva avuto modo di leggere poco prima – Clara era uscita dal negozio e non lo aveva più incontrato. Fino a poche ore prima. Dopo averla immobilizzata lui le aveva detto di averle ucciso il marito, e che più tardi sarebbe tornato per sistemare anche lei, colpevole di avere sposato un uomo simile e di avere scritto un libro simile che così tanto lo aveva affaticato nella lettura. Inoltre, di non avere risposto alla sua lettera lasciata nella portineria della Rai di Torino. Per tutto questo intendeva fargliela pagare, più tardi, quando il portiere avrebbe chiuso il portone di ingresso. Tanto, lui sarebbe rientrato per mezzo delle chiavi a lei sequestrate.

Il commissario  guardò l’orologio. Le cinque e mezzo. 

- A che ora chiudete? – chiese rivolto al portiere, che spaventato fissava a turno lui e la donna.

- Alle sette – rispose sollecito.

In quell’istante squillò il cellulare del commissario. Era  Anna, dell’hotel Oceania.

La sua voce era poco più che un sussurro.

- E’ tornato. Gli ho appena consegnato la chiave della sua camera.

- Arrivo subito. La ringrazio.

Chiuse la comunicazione. Quindi, rivolgendosi al portiere:

- Resti con la signora. Sbarri la porta e non apra a nessuno tranne alla polizia che ora avviserò. Quindi lasciò l’appartamento e correndo lungo la scalinata chiamò il suo distretto.

- Sono Cardona. Recatevi in via Firenze, al numero 38, a casa di Clara Gamber, la scrittrice. Abita al quarto piano. Troverete con lei anche il portiere. Mi raccomando: non arrivate a sirene spiegate per evitare di mettere in allarme un assassino dal quale mi sto recando in questo istante, all’hotel Oceania lì vicino, al numero 50.

Interruppe la comunicazione mentre usciva dall’ingresso incustodito. Incustodito era anche l’ingresso dove l’hotel Oceania era ospitato. L’ascensore alla sinistra dello scalone si trovava ai piani superiori, al terzo. Il poliziotto salì lo scalone a due gradini per volta, incrociò due ragazze spagnole che stavano scendendo felici come spesso accade quando si hanno vent’anni. Sorrisero anche a lui, che non si curò di rispondere. Giunto sulla scala che dal secondo portava al terzo piano, all’improvviso lo vide, riconoscendolo.  Aveva in mano un libro, e quel libro come dalla copertina era possibile vedere era “I clown stanno arrivando”. Mentre i due si affiancavano per un momento, incrociandosi come i due contrappesi di un orologio che oscillano in direzioni opposte seguendo però lo stesso tempo, quello della resa dei conti, il commissario posò il braccio sinistro su quello, anche lui sinistro, dell’assassino.

- Andrea Marelli? Lei è in arresto.

La reazione dell’uomo fu immediata. Con il braccio destro che reggeva il libro colpì il poliziotto al volto, mandandolo a sbattere contro la parete; dopodiché sembrò volare giù lungo la scalinata percorrendola a quattro gradini per volta. Cardona si gettò all’inseguimento, il sangue che gli colava da uno zigomo, la pistola nella mano destra pronta a sparare.

- Fermo! – gridò. La sua voce  rimbalzò attraverso la tromba della scala, inducendo le due ragazze a fermarsi e facendo affacciare al piano soprastante le due impiegate dell’hotel Oceania. Puntò l’arma sull’assassino e sparò. Il colpo si ripercosse a sua volta sulle pareti del palazzo, e un doppio grido femminile seguì, proveniente da una delle ragazze in basso e da una delle donne in alto. Fu come se le due diverse età si venissero incontro, chiedendo aiuto e solidarietà femminile a vicenda.

Colpito alle spalle, Marelli finì lungo disteso sul pianerottolo del primo piano. Tentò di rialzarsi, di strisciare sulla scala per rotolare giù, mentre la sua mano prendeva qualcosa dall’interno della giacca. Quel qualcosa era un coltello, e quel coltello l’arma del delitto utilizzata per trucidare il marito di Clara Gamber e mai ritrovata.

Il colpo vibratogli dal basso verso l’alto lo sfiorò al braccio che reggeva la pistola, e sebbene prontamente spostatosi non gli evitò di venire ferito all’avambraccio. Prima che un secondo colpo potesse raggiungerlo Cardona sparò nuovamente. Questa volta il proiettile esploso centrò l’assassino al torace, e l’arma da taglio cadde sui gradini, macchiata dal rosso del sangue, 

Cardona prese le manette immobilizzò l’uomo ai polsi per poi chiamare i suoi colleghi.

- Sono al numero 50: al primo piano. L’operazione è conclusa – dichiarò.

La polizia caricò l’assassino su una autoradio, il commissario tornò nell’appartamento di Clara Gamber. La trovò seduta su una poltrona del salotto, a bere una tazza di tè che il portiere le aveva preparato.

- E’ tutto finito – la rassicurò.

- Lei è ferito… - notò la donna.

- Non è niente. E comunque, andremo insieme al pronto soccorso per farci esaminare da un medico.

Clara sembrò pensare a qualcosa. O a qualcuno.

- Ho bisogno di lasciare questa città per qualche tempo – disse poi. – Andare in un posto qualsiasi, ma che sia lontano da qui.

Il poliziotto assentì, comprensivo.

- Credo che anch’io mi comporterei nello stesso modo – disse. – E ne sarei ampiamente giustificato.

Il buio esterno era in parte diluito perché illuminato da calde luci artificiali. Quello interno invece era più intenso perché la luce dell’anima di lei si era spenta ormai da tempo.

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