NEL VILLAGGIO WESTERN FORT BRAVO, IN ALMERIA

Alba e Tramonto: uniti formano un giorno intero. Lei ancora giovane, ancora bella. Lui già vecchi e non più bello, sempre ammesso che prima lo fosse stato. Alba lavorava nel villaggio western Fort Bravo, costruito in Almeria per ambientarvi parte dei film western girati da Sergio Leone e da altri suoi colleghi. Il suo compito era quello di esibirsi come ballerina di can-can nel saloon ricostruito, e questo due volte al giorno: a mezzogiorno e alle diciassette. Inoltre scattava fotografie ai visitatori rivestiti con abiti western e muniti di armi: pistole e fucili. Alba capiva l'italiano e lo parlava bene avendo vissuto quattro mesi ad Ascoli Piceno, perché interessata all'arte italiana e intenzionata a conseguire una laurea nel settore artistico. Ma questo non si era avverato, per cui la giovane spagnola aveva intrapreso dopo vari tentativi di lavoro quello della ragazza di saloon. Un'attività che la vedeva impegnata molti mesi all'anno, sette giorni su sette, libera soltanto alla sera. Al tramonto. E forse per questo si era sentita: se non attratta, solidale perlomeno con quel curioso individuo desideroso di mascherarsi con abiti ottocenteschi di un West rifatto in Italia e realizzato in Spagna.
La commistione Italia - Spagna aveva reso la realtà di quei cow-boys zotici e ignoranti ancora più veritiera, dirozzando l'ingenuità e la genuinità americana addizionandole di una violenza tipicamente del Vecchio Mondo, dove il sadismo è solito prendere facilmente il sopravvento. Brutti musi pronti a uccidere per un nonnulla, o perlomeno a darsele di santa ragione per una carta da gioco fuoriuscita dalla manica, o un bicchiere di troppo di quel dannato alcool che serviva a offuscare la loro ragione. 
Alba quel mondo non lo amava, perché lontano anni luce non solo dal presente ma anche dalla luce che una ragazza come lei emanava. La sensibilità acquisita fin dalla nascita e affinata nonché raffinata dal suo soggiorno italiano e dall'aver frequentato l'arte italiana direttamente sul posto la rendeva diversa dagli altri e soprattutto dalle altre. Avrebbe voluto stabilirsi in Italia, perché quella era la capitale dell'Arte e degli Artisti che tanto ammirava. Ma così purtroppo non era stato. Ora avere a che fare con quell'uomo stagionato (e che le fosse cimiteriali attiravano sempre più) la faceva vibrare come uno strumento in grado di percepire i suoni prodotti dalla vita. Vita che per lei sembrava essersi fermata - raffinata quasi - ormai da tempo. L'espressione che quella ragazza aveva, era perennemente triste. Come se lì fosse fuori posto, e non intravedesse via d'uscita alcuna. Inoltre gli anni passavano anche per lei, da alba si era avviata al mezzogiorno... di fuoco o meno, e il tramonto non era poi così lontano. Certo, l'amico soprannominato "Tramonto" per allora non ci sarebbe più stato, ma questa era una ben magra consolazione. Alba tragica: come il titolo italiano del film francese del 1939, protagonista Jean Gabin, tipico film di un tipico periodo del Cinema d'oltralpe, grondante di tristezza e di rassegnazione. Ecco, Alba: un saluto da un Paese a te vicino, e da un amico a te lontano.
Antonio Mecca

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