Vessicchio: "Quella mia grande passione, Mia Martini"
- 11 febbraio 2017 Cultura
Vivere Milano ha raggiunto il Maestro a Sanremo che racconta gli esordi e gli ultimi progetti. Non solo musica con l'ultimo cd realizzato con i Solisti del Sesto Armonico, "Parenti Latini", Peppe Vessicchio è anche in libreria con "La musica fa crescere i pomodori" (Rizzoli).
Dirige l'orchestra il maestro Peppe Vessicchio. È il lancio dal palco dell'Ariston divenuto un tormentone, negli anni, del Festival di Sanremo. Classe 1956, napoletano, Giuseppe Vessicchio annovera nella sua carriera prestigiose collaborazioni a fianco di grandi artisti della canzone italiana. Dagli studi in architettura al'incontro con Gino Paoli che gli fa muovere i primi passi nella musica orchestrale, il primo Sanremo nel 1986 con Zucchero, trasmissione che lo renderà noto al grande pubblico: quattro volte vincitore del premio miglior arrangiatore, l'ultimo nel 2000 con la giuria presieduta da Luciano Pavarotti, e quattro volte vincitore del festival come direttore d'orchestra. Partecipa ad Amici di Maria De Filippi e continua ad arrangiare per Elio e le Storie Tese, Roberto Vecchioni, Andrea Bocelli, Ron, Ornella Vanoni, Ivana Spagna, Max Gazzè e molti altri. Virale l'hashtag nei giorni del Festival 2016, #usciteVessicchio, e l'ultimo, #intantoVessicchio, per via della sua già discussa assenza alla 67° edizione della manifestazione canora (su cui non intende rispondere fino ad avvenuta chiarezza con Rai e RaiCom in merito a una controversia su diritti d'autore), scatenando l'ilarità del popolo dei social network che ha dato origine a divertenti meme. Lo scorso primo dicembre, a Palazzo Montecitorio, anche lui è stato insignito del Premio 100 Eccellenze Italiane 2016. Ma Giuseppe Vessicchio – reduce dell'incisione del suo ultimo album insieme ai Solisti del Sesto Armonico, "Parenti Latini" – è anche in libreria con "La musica fa crescere i pomodori" (Rizzoli). L'intervista per "Vivere Milano" dal Teatro del Casinò di Sanremo dove ha partecipato alla rassegna "Guardami Oltre, Sanremo per il sociale".
Maestro, quale momento è stato tanto decisivo da farle cambiare idea e dedicarsi esclusivamente alla musica classica?
In realtà, mi sono dedicato esclusivamente alla musica. Quella classica è un percorso di conoscenza, una palestra molto importante, ma la musica che amavo era trasversale. Anzi, devo dire che il momento di maggiore calore l'ho avuto con la musica brasiliana.
Addirittura. Perché?
Mi trafiggeva, l'ascoltavo per ore. Mi rendevo conto che molti degli aspetti raffinati della musica brasiliana avevano un'origine assolutamente europea. Si sa che Antônio Carlos Jobim sia stato uno dei più grandi compositori di bossa nova, forse l'inventore della bossa nova. Jobim vantava i propri studi europei dal punto di vista musicale: parliamo di un mondo assolutamente tradizionale e classico. Questa conoscenza unita alla vita reale può creare quello che noi chiamiamo moderno o "in linea coi tempi".
Ma quando è avvenuta la svolta che, dall'architettura, l'ha condotta agli spartiti?
È avvenuta quando le due cose insieme erano giunte a un punto di insostenibilità. Ahimè, se me ne fossi accorto prima avrei risparmiato un po' di tempo. Avevo una propensione anche per il disegno in generale, per l'architettura, poi sappiamo che la musica è definita anche architettura liquida, per cui c'era un parallelismo tra le due discipline e questo ha allungato i tempi di decisione.
Cosa significa trovarsi catapultati da un'altra parte e quando ha realizzato le sue prime composizioni?
In realtà, le mie composizioni sono sempre state incomplete. Avevo lo spunto per andare in una certa direzione ma non ero mai contento dello sviluppo totale. Sia con la musica per la musica, sia con la musica per la canzone sentivo sempre di non uscire dallo schema. E quando uscivo non ero contento di come lo facevo: mi rendevo conto di vivere un senso di solitudine e trovare la forza per cavalcare una via diversa non mi era facile. Ultimamente, ho recuperato tantissimo materiale che avevo scritto in quegli anni e, anche se oggi ho completato quel percorso di consapevolezza, continuo a chiamare una serie di brani "opere giovanili". Mi fa ridere ma del resto ho cercato di portare a termine quelle mie composizioni secondo gli stimoli di quel momento.
La nevicata del '56 e Tu... sì. Quale ricordo custodisce del suo primo festival di Sanremo come direttore d'orchestra per i brani di Mia Martini e Mango?
Il Festival è stata in effetti l'occasione per cogliere una direzione vera e propria. Ho cominciato a lavorare in Rai nel 1985. Il 1990 è stata una bella occasione perché era il primo anno in cui tornava l'orchestra a Sanremo e potevo coniugare varie passioni come Mia Martini, da sempre la mia grandissima passione. Aveva una musicalità strepitosa e con il canto ha toccato tanti stili con grandissima capacità. E poi Mango. Insomma, due vocalità assolutamente straordinarie e in più c'era la canzone e c'era Sanremo. Un connubio di situazioni magiche. Il ricordo non può che essere legato a un bellissimo inizio.
Maestro, in queste numerose edizioni del festival ha conquistato l'affetto del pubblico, senza neppure pronunciare una parola. Come si spiega questo forte legame empatico tanto da scaturire l'onda emotiva della rete per la sua mancata partecipazione a questo Sanremo?
Sono contento che esista un rapporto empatico con chi mi ascolta o con chi mi guarda. Le persone, se non hanno obiettivi diversi da quelli che mostrano, se sono coerenti con loro stessi, mettono tranquillità e non c'è nulla da temere. Quel che voglio fare è evidente e quel che mi propongo di ottenere è altrettanto eloquente. Ecco, penso che questo metta tutti in una situazione di tranquillità, un po' come le piante nel momento in cui trovano musica armonico-naturale.
Si riferisce al fenomeno oggetto del suo libro.
Sapevo già di risultati simili. In Wisconsin le mucche producono più latte ascoltando Mozart. Nei vegetali lo stesso Mozart continuava a riprodurre questo risultato, così ho cominciato a studiare per comprendere quale fosse la differenza con gli altri autori di musica classica che non davano lo stesso risultato. Ho scoperto un meccanismo sulla condotta fra le parti e ho capito che, seppure musica diversa, in Shostakovich e in altri del Novecento come Béla Bartók, esistevano le stesse capacità di rapporto con la natura. A questo punto, evviva la musica! Adesso ho intenzione di trovare nel mondo della musica pop qualcosa che dimostri come il fenomeno non riguardi solo la musica classica: è un meccanismo insito nella composizione.
Devo dire che ha sorpreso tutti con la comparsa in uno spot di Netflix per la fortunata serie statunitense Stranger Things. A cosa si deve questa inattesa ma gradevole partecipazione?
È stata Netflix a propormi questa cosa. Abbiamo trovato un punto d'accordo su un obiettivo comune che non mi va di dichiarare. Posso dire che si tratta di una collaborazione per sostenere importanti cause sociali, ma che saranno rese note in seguito.
da Sanremo Davide Lorenzano