Perché senza Sala a Milano il Pd si rimpicciolirebbe
- 01 settembre 2020 Cultura
C'è qualcosa di enigmatico nell'atteggiamento di Beppe Sala rispetto a quella che dovrebbe essere la sua naturale ricandidatura a sindaco di Milano. Che cosa fa il Pd?
C'è qualcosa di enigmatico nell'atteggiamento di Beppe Sala rispetto a quella che dovrebbe essere la sua naturale ricandidatura a sindaco di Milano. Al netto di una scelta personale che andrebbe comunque rispettata, più il tempo passa più sarà difficile per Sala sottrarsi a un appuntamento elettorale che a maggio del 2021 sceglierà l'inquilino di Palazzo Marino.
Per quale ragione l'attuale sindaco dovrebbe rinunciare al secondo mandato? Beppe Sala non è un uomo di partito, non ne ha l'esperienza perché la sua storia è quella di un “uomo del fare”, un manager che ha gestito un evento come EXPO 2015 che ha “risvegliato” con successo Milano accentuandone l’internazionalizzazione e la crescita, di cui ha beneficiato l’intero paese. Ma un manager non accetta mai di buon grado tutte le mediazioni politiche, sia sugli obiettivi sia sulle scelte degli uomini, che sono l'effetto inevitabile di coalizioni non del tutto omogenee. Forse non si è sempre trovato nelle condizioni che avrebbe voluto e ritiene necessario un forte segnale di cambiamento per affrontare le sfide future.
Le motivazioni non mancano. Dopo il lockdown tutti i nodi verranno al pettine già in autunno e il ritorno alla situazione pre-Covid non sarà breve. Le difficoltà di convivere col virus saranno enormi e, anche se dal prossimo gennaio fosse disponibile un vaccino efficace, si dovrà governare una crisi economica profonda, particolarmente acuta in una metropoli come Milano. Occorrerà chiarezza sugli obiettivi, fermezza nelle decisioni e coesione della coalizione che raccoglierà il consenso degli elettori.
Del resto è comprensibile che chi si assume importanti responsabilità in una situazione complessa possa disporre di un mandato pieno. Ma non è così facile dar vita a un soggetto politico nuovo e nello stesso tempo necessariamente articolato con forte carattere di discontinuità (una svolta “green”?), sarebbe certamente più semplice cercare altre soluzioni. Nei giorni scorsi è circolata l'ipotesi di una candidatura di Sala alla guida della costituenda società della banda ultralarga che si sta costituendo attorno a Tim e alla Cdp. Di per sé la soluzione, se effettivamente rientrasse negli interessi dell'attuale Sindaco di Milano, sarebbe lineare perché un importante asset del paese verrebbe affidata a una persona competente e affidabile. Ma i tempi non sembrano però coincidere.
C'è anche chi vede in una eventuale, ma allo stato imprevedibile, crisi del governo Conte la possibilità concreta che molte porte si spalanchino per il sindaco di Milano. Ma, e qui sta il problema principale, in caso di eventuale rinuncia di Sala a correre per un secondo mandato come sindaco, per il segretario del Pd Zingaretti si aprirebbe un caso politico di non poco conto. Del resto più il tempo passa (Sala ha annunciato che scioglierà il nodo dopo le amministrative del prossimo settembre, quando i risultati dovrebbero dare maggiore chiarezza sulle prospettive politiche del nostro paese) per il Pd sarebbe più un rischio che una fatica trovare un'altra candidatura, per la quale avrebbe già posto in modo discreto un’ipoteca l’europarlamentare Pd Pierfrancesco Majorino, leader della componente massimalista del Pd milanese. Ciò che più pesa, al di là delle criticità che attraversa il Comune, è che con Sala candidato il centrodestra non troverebbe facilmente un “competitor”, mentre senza di lui i giochi a Milano si riaprirebbero.
Per questo la non ricandidatura di Beppe Sala per il Pd è allo stato politicamente inaccettabile ed esporrebbe il partito a un rischio molto alto. Ormai la scelta non può più essere rinviata e anche per Sala il passare del tempo rende difficile invertire la rotta. In ogni caso sarà ovviamente il sindaco a rompere gli indugi e dovrà farlo, come ha preannunciato, in tempi ravvicinati. Se poi il 21 settembre le elezioni regionali fossero molto favorevoli al centrodestra, Beppe Sala potrebbe assumere un ruolo politico nazionale come amministratore simbolo per guidare, a partire dalle elezioni di Milano del prossimo anno la “lunga marcia” in chiave riformista di un centrosinistra rinnovato. Ma per questo chi vivrà vedrà.
Da un punto di vista della razionalità politica, sia per Sala sia per il Pd, non sembra però esservi oggi altra via se non quella di un forte rilancio della ricandidatura dell'attuale sindaco di Milano.
Walter Galbusera