Perso in un bosco
- 12 giugno 2020 Cultura
Ero in giro per il bosco già da un paio di ore insieme a Gedeone, detto Geo, il mio grosso cane nero. Finalmente avevo raggiunto la meta della mia passeggiata, uno spiazzo con al centro un vascone in pietra alimentato da una sorgente. Non era raro vedere qualche daino o capriolo che vi si abbeverava, ma anche volpi e piccoli carnivori. Ma intorno vi erano anche le tracce del passaggio di cinghiali.
Quel giorno non mi aspettavo incontri particolari perché il mio cane aveva abbaiato per tutta la strada, avvisando così il mondo intero della sua presenza! Di fianco alla vasca c’era un tubo con rubinetto, arrangiato in qualche modo perché rimanesse in piedi. Ne approfittai per dissetarmi e, dopo avere riempito la borraccia, mi sedetti a riposare qualche minuto, prima di iniziare il ritorno.
All’improvviso, un giovane daino maschio comparve trotterellando dal margine del bosco. Stranamente, Gedeone rimase fermo e silenzioso, accucciato al mio fianco, guardando di sottecchi l’animale. Quando questo era ormai arrivato alla vasca, il mio cagnone fece un balzo in avanti con le fauci spalancate e abbaiando come un forsennato. Il daino fece un brusco scatto laterale e poi si mise a scappare verso il bosco, con il suo tipico saltellare, con Gedeone lanciato all’inseguimento e in un attimo furono entrambi nel bosco, scomparendo alla mia vista.
Per qualche minuto sentii il vocione del mio cane che si allontanava, affievolendosi sempre di più, poi più nulla.
Rimasi seduto con la schiena appoggiata alla vasca, godendomi la tranquillità del luogo, ma dopo una decina di minuti, non vedendo il cane di ritorno, cominciai a preoccuparmi, anche perché non conoscevo bene quella parte di bosco. Dopo essermi guardato intorno, individuai poco più in alto un rudere. Salitoci sopra, mi girai intorno nella speranza di vedere un qualche punto di riferimento noto. Un chilometro circa verso destra si intuiva il fiume, perciò dalla parte opposta avrebbe dovuto esserci un grosso rudere pericolante, il castello dei vescovi, vicino al quale vi era il parcheggio dove avevo lasciato l’auto. Pur sapendo che era verso nord, in mezzo alla boscaglia non riuscivo a vederlo. Regolandomi sul sole calante, mi diressi in quella direzione, aiutandomi con un ramo rotto per spostare i rovi del sottobosco. Di quando in quando chiamavo il mio cane, sempre senza alcun successo.
Il bosco era tutt’altro che silenzioso, ma non riuscivo a riconoscere i rumori causati dai diversi animali, se non talora uno scalpiccio, quasi un galoppo, probabilmente segno del passaggio di cinghiali. Avevo timore di incontrarne un gruppo, le madri con i piccoli possono essere aggressive.
Nello scavalcare un grosso tronco caduto, inciampai in un ramo che sporgeva e caddi a terra, rotolando poi per diversi metri. Quando mi fermai vidi che ero sul margine di un torrente secco. Mi faceva male un piede e mi ero graffiato mano e braccio in più punti.
Incominciavo ad avere paura, anche perché il sole era ormai quasi tramontato e non era bello ritrovarsi da solo nel bosco di notte. Il cuore mi batteva a mille e avevo la bocca tutta impastata, senza nulla da bere perché la borraccia era rimasta di fianco all’abbeveratoio! Mi rialzai e zoppicando iniziai a seguire il torrente verso valle, sperando di arrivare al fiume e da li al parcheggio.
Dopo mezz’ora di cammino non avevo ancora raggiunto il fiume, che sembrava sempre essere di la da una curva, ma non c’era mai. Avevo ormai perso la speranza di ritrovare il mio cane, sarei tornato l’indomani con qualcuno della forestale a cercarlo. Certo, grande e grosso come era, sarebbe stato più facile per lui che per me cavarsela di notte nel bosco!
A un certo punto, in una radura erbosa che si aprì tra i rovi, vidi le tracce di un’auto. Le seguii, andando sempre verso il basso, e dopo una decina di minuti, ormai quasi completamente al buio, trovai la tanto agognata mulattiera. Mentre cercavo di capire se dovevo girare a destra o a sinistra, degli ululati ruppero il silenzio, seguiti poi da un abbaiare, che dopo alcuni istanti si trasformo in un guaito. L’angoscia che mi colse mi fece raggelare il sangue.
Nonostante il male al piede, mi precipitai in quella direzione urlando a squarciagola il nome del mio cane, ottenendo l’immediata scomparsa di qualunque rumore nel bosco. Nella foga, caddi una seconda volta, ma era tanta l’ansia di ritrovare Geo che mi alzai subito riprendendo la corsa, beh, la corsetta: zoppicando non andavo molto veloce! Riconobbi una radura dove ero già stato in passato e seppi così di trovarmi non molto lontano dalla mia auto. Rallentai allora il passo, la caviglia incominciava a gonfiarsi, e ripresi a chiamare Gedeone. Dopo pochi minuti la strada raggiunse il parcheggio e dal buio dietro l’auto vidi comparire il mio cagnone, nero con la punta del muso bianca, scodinzolante. Ma mi sembrava restio ad avvicinarsi, forse temendo la mia sgridata. Misi un ginocchio a terra, chiamandolo, ma ancora non accennava ad avvicinarsi, anzi, emettendo degli stani rumori - sembrava quasi parlasse! - tendeva ad allontanarsi verso i margini della radura, come se mi ci volesse portare. Mi rialzai e stavo per seguirlo, quando dietro di lui comparve una splendida lupacchiotta che evidentemente aveva attirato la sua attenzione. Ecco scoperta la causa della sua scomparsa.
Entrambi si fermarono a guardarmi. Fu solo un attimo, ma stupendo!
Poi la lupa si girò e si dileguò nel bosco; Geo rimase a scrutare nel buio, non sembrava convinto di venire via. Si voltò verso di me, abbaiò un paio di volte, poi trotterellando si infilò nel bosco.
Rimasi inebetito a guardare, senza scorgere più alcun movimento. Non sapevo se rallegrarmi per la scelta fatta da Gedeone o disperarmi per il non voluto divorzio. Dopo averlo chiamato invano parecchie volte, non mi è restato che salire in auto per tornare a casa, ripromettendomi di tornare il giorno dopo a cercarlo.
Ma la mattina successiva verso le sei, come spesso accade, sono stato risvegliato dal vocione di Gedeone che abbaiava alle pecore che pascolavano nei prati del nostro vicino pastore. Mi sono alzato subito dal letto, precipitandomi fuori dalla porta di casa ed eccolo li, davanti al cancello che mi abbaiava, scodinzolando come al solito.
Grazie Geo di essere tornato a casa!
Marco Lucio Fasan