Processo a Turetta

Ieri, 25 ottobre, Filippo Turetta è apparso in tribunale, davanti le telecamere per essere interrogato dai magistrati sull'assassinio di Giulia Cecchettin. Un po' diverso da come appariva nelle foto scattate insieme a Giulia; lì la sua curiosa faccia sembrava suggerire un'idea di allegria per il fatto di essere in compagnia di un angelo; qui invece appare serio e bene agghindato, diverso dalla diversità sbandierata in precedenza. Presente in aula anche il padre di Giulia, Gino; che a un certo punto ha abbandonato la sala ed è uscito. I giornalisti presenti hanno rilevato che il giovane assassino non ha mai guardato il padre della sua vittima, né tantomeno si è sognato di chiedere scusa. Chiedere scusa! Come se l'avesse semplicemente urtato nel passargli accanto, non - invece - perdono, perché il perdono non sembra più essere merce dei nostri tristi giorni. Sarebbe un po' come se per tutti i bombardamenti che hanno colpito a tappeto l'Ucraina e la Palestina ci si dovesse limitare soltanto alle scuse di rito, e non a un perdono sincero. Bene ha fatto Elena, la sorella di Giulia, a disertare l'aula del tribunale, ma non si può accusare il padre Gino per esserci invece andato. Poi, evidentemente, è stato talmente forte il dolore provocato dalle confessioni del mostro da farlo uscire prima della fine dell'interrogatorio e prima che potesse uscire di senno, per poi rispondere brevemente alle domande dei giornalisti ai quali a un certo punto ha anche detto: "Ora so chi è Filippo". 

Gino Cecchettin è un uomo di mezza età che la vita ha colpito duramente due volte: dapprima facendo morire la ancor giovane moglie Monica, e poi la giovanissima figlia Giulia. Giulia che era in procinto di laurearsi, dopo avere studiato sodo per conseguire la meritata laurea. Giulia che desiderava svolgere con passione e impegno la professione di disegnatrice. Giulia che era un incanto per gli occhi e una musica per le orecchie, e che illuminava con la sua giovanile presenza la casa altrimenti vuota dopo la scomparsa della mamma. Quello che si perde dopo una scomparsa simile non si può descrivere a parole, perché non ve ne sono abbastanza per descrivere il vuoto enorme lasciato. E dover ascoltare un farabutto che parla del suo delitto come se fosse cosa da niente, a parte qualche lacrimuccia fuoriuscita dai suoi occhi di faina, è cosa disgustosa.    

Antonio Mecca

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