Quote rosa a chi?
- 17 gennaio 2022 Cultura
Un'analisi di Maddalena Boffoli
L’Italia è senz'altro il peggior paese d'Europa per
divario di occupazione tra uomo e donna e le norme sulle quote rosa non sono
sufficienti, solo in una società in cui verrà dato valore al merito, verranno
raggiunte le pari opportunità. Maddalena Boffoli si batte da tempo come
avvocato in ambito legale sull'argomento, per il raggiungimento di una
consapevolezza culturale non solo fatta di norme.
Agire sul piano culturale quindi, prima ancora che su quello
normativo. Spingere le donne a rivendicare parità di diritti, rifiutando
l’accettazione dello status quo. Premesso che la questione di genere è la
conseguenza di una serie di componenti tra loro interconnesse, un cambio
culturale può favorire e imporre nuove norme che abbiano poi riflessi anche sul
sistema economico, ma anche l'applicazione delle norme, che favorisce un
mutamento del sistema economico, può trovare piena soddisfazione solo se tutti
ci adattiamo a un vero cambiamento.
Un esempio? I congedi parentali, che sono stati normativi introdotti anche
in favore dei padri lavoratori già dal 2012, continuano a essere utilizzati
dagli uomini in casi di rara eccezionalità. E ancora: le norme sulle quote rosa
hanno sì favorito l'ingresso delle donne nei cda, ma solo in poche vengono
nominate nel ruolo di amministratore delegato.
Per questo motivo si è acceso un dibattito, tra analisti e opinione
pubblica, sull’utilità o meno di imporre la presenza delle donne nella
stanza dei bottoni. Entrando nel merito del dibattito, a questo proposito
Maddalena Boffoli, ha una visione delle questioni di genere molto laica, improntata al
pragmatismo senza cedimenti all’ideologia.
Afferma Boffoli “Un po’ di tempo fa non ero una fervente sostenitrice
delle quote rosa, ritenendo da inguaribile romantica che le competenze di
ciascuno potessero essere sufficienti a garantire il giusto posizionamento
lavorativo. Ma il confronto continuo con la realtà mi ha indotto a dovermi
ricredere. La norma ha certamente aiutato a promuovere e forzare un
progressivo processo di cambiamento, processo che però non si è del tutto
completato. E’ pur vero che anche grazie alle quote rosa introdotte nelle
società quotate in borsa e nelle società a controllo pubblico la componente
femminile oramai è indiscussa, ma i veri ruoli di comando vengono ancora
affidati nella gran parte dei casi agli uomini”.
Occorre allora un cambio di passo a livello culturale nella società, “a
cominciare dall’ambito familiare e da quello scolastico, dove ragazzi e ragazze
iniziano il loro vero percorso di formazione”.
Boffoli ricorda che a volte le stesse donne faticano a denunciare o anche
solo a riconoscere una discriminazione. “La considerano parte di una
relazione normale, precludendosi da sole la possibilità di sradicare un
meccanismo culturale di lungo corso”.
Solo agendo su più fronti e con vari strumenti, il gap potrà essere
colmato, sottolinea Boffoli. Che ribadisce la necessità di un cambiamento
radicale nella mentalità e nei comportamenti individuali e collettivi, ma anche
di un approccio prudente alla trasparenza retributiva nelle imprese