RIVEDERE IL PASSATO NEI NOSTRI SOGNI

Spesso dormendo sognava, e spesso i suoi sogni erano incentrati su Milano Due, la cittadina satellite nata negli anni Settanta a est di Milano, dove per decenni aveva lavorato. Era bello rivedere sotto un'altra luce l'esterno della città, il cui intonaco rosa pareva dissolversi come quello di un rosso pompeiano, come la cipria di un belletto sparso da un piumino per il trucco. Sembrava di essere all'interno di una vignetta di una storia Disney, perché la luce - quella luce incantatrice - sembrava assorbire la mente dei dormienti, avvolgendola, come la carta velina avvolge un mazzo di fiori. Era consapevole che stava sognando, ma ugualmente non poteva non farsi trascinare dagli avvenimenti che la sua mente viveva nella profondità del sonno. Entrava così nell'edificio che si snodava nei piani alti per quanto riguardava gli uffici, e nei sotterranei per quanto riguardava gli studi. Percorreva questi ambienti che erano un misto di reale e di irreale, incontrando persone sconosciute e conosciute. Poi uscendo da quell'ambiente trovava all'esterno un grande prato che si estendeva fino a  una collina, e infine si addentrava sotto il porticato con negozi spesso non coincidenti con quelli reali, dei quali poteva varcare la soglia e immergersi in quel mondo fantastico. Milano Due, già di per sé un qualcosa di fantastico, si trasformava allora in un qualcosa di magico, un qualcosa in grado di dare emozioni vere e proprie. Una bella ragazza da lui conosciuta nella vita reale, gli aveva detto una volta che soltanto l'idea di allontanarsi da Milano Due dove risiedeva dalla nascita le riusciva insopportabile. Perché lì c'era tutto quello che lei più amava: natura abbondante seppur imbrigliata dagli architetti, mentre non c'era ciò che più odiava: rumore e disordine spesso senza senso. Ed ecco che nello svegliarsi al mattino, gli rimaneva nella mente il gusto del sogno appena fatto, un po' come il gusto di una caramella appena succhiata. Una caramella alla frutta, il cui frutto era una mela, vale a dire il frutto proibito per eccellenza, simbolo di un paradiso terrestre per sempre negatoci.
Antonio Mecca  

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