TRASFERTA ITALIANA 10

- Sì. Adesso te lo mostro.

Si spostò quindi per lasciarci libero il passaggio. L’uomo che aveva intascato il malloppo mi fissò sconcertato. Si trattava di un individuo sulla quarantina, di bell'aspetto e ben pettinato, i lineamenti del volto stravolti per la tensione.

- Cosa sta succedendo? – chiese con voce tremante, voce dal tipico accento italiano.

- Ora lui ce lo dirà – gli rispose Hans con voce cattiva.

Mi invitò a sedere, o meglio mi costrinse. Mi lasciai cadere su una poltrona a un lato del divano, sempre tenuto d’occhio dal nero occhio della pistola.

. Chi sei, amico? Quale professione svolgi?

- Svolgo le pagine finali del libro della tua esistenza – risposi – Che non sono belle da leggere come quelle iniziali.

Si produsse in un mezzo sorriso; sperai non si fosse riprodotto anche geneticamente, perché altrimenti la sua progenie non avrebbe certo potuto partecipare al concorso per Mister o Miss Universo.

Gettami il portafoglio – ordinò con tono di voce cattivo.

Sfilai il portafoglio dalla tasca interna della giacca e glielo gettai ai piedi come quello che Eddie Mars aveva gettato sul tavolo della roulette ne “Il grande sonno”. Lui lo raccolse e lo aprì. Trovò quindi il documento che attestava la mia professione, il mio nome e recapito, la mia nazionalità.

- È uno sbirro – sintetizzò lui. – Privato ma pur sempre uno sbirro.

Si rivolse poi nuovamente a me.

- Perché stavi tenendo d’occhio questi due?

Non risposi.

- E allora?

- E allora non ti deve interessare – fu la mia risposta.

Sorrise, acido. – No, eh? Chi stavi seguendo dei due?

Scossi la testa, cocciutamente.

- Non sono tenuto a risponderti.

Lui si avvicinò, e con la canna della pesante pistola mi colpì sulla guancia destra, perché il colpo: sferratomi a semicerchio da sinistra a destra, fu violento e doloroso. Poi sentii frugarmi nelle tasche, fino a trovare e ad estrarre lo smartphone. Quindi, sempre tenendomi d'occhio, controllò il telefono alla ricerca delle telefonate fatte o ricevute e dei messaggi ricevuti o fatti.

- Ha telefonato all'incirca due ore fa a un certo Solmi, inviandogli alcune foto e video della tua camera, Vania. E prima ancora, sempre a questo Solmi ha telefonato intorno alle nove. Cioè, alla stessa ora in cui il treno per Rimini era in partenza da Milano.   Bene – continuò tornando a rivolgersi agli altri due. - Siamo stati scoperti. Tutto quello che ci resta ora da fare è di ritardare la diffusione della scoperta e tagliare la corda.

- E io? – chiese l’uomo che aveva contattato Vania e che avevo scambiato per un semplice cliente.

- Anche tu sei fregato, amico.

Non appena pronunciata l'ultima parola, un colpo di pistola fece tremare le pareti della stanza e quella parietale sinistra del suo cranio.

L’uomo crollò a terra, con un buco alla tempia e gli occhi sbarrati sul nulla. Io cominciai a diventare sempre più presbite, perché non più in grado di vedere da lontano il mio futuro.

- In quanto a te…- ...la suspense si protrasse per un tempo per me interminabile. - … conviene per il momento lasciarti in vita. Sei americano, io sono russo, e non vorrei per questo motivo innescare una nuova guerra fredda. Cosa ne dici?

- Dico che una guerra fredda in questa stagione calda potrebbe sostituire egregiamente il condizionatore che qui invece manca.

- Ma se tu verrai freddato, almeno due elementi insieme a quell’imbecille – indicò il cadavere da lui appena prodotto – ci saranno eccome.

Non dissi nulla, perché le mie freddure rischiavano di freddare anche me.

- Voltati- ordinò.

Di lì a poco sembrò che la stanza si voltasse con me. mi crollasse sulla testa e il buio mi avvolse come un nero sudario, come il foro risucchiato della canna della pistola che si fosse allargato fino a ingoiarmi e assorbirmi nel suo fottuto ventre.
Antonio Mecca

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