Turetta, il boia della povera Giulia

L'altra sera, nella trasmissione "Dritto e rovescio" condotta da Gian Luigi Nuzzi, si è parlato tra le altre cose di Filippo Turetta, che difeso dal suo avvocato è stato descritto come un povero cristo portato all'omicidio di Giulia Cecchettin da un eccesso di amore non corrisposto. Per tutto il tempo del processo Turetta ha mantenuto gli occhi bassi, un po' come il povero a vita e lui sì grande Andrea Bocelli, che essendo purtroppo cieco evita di fissare i suoi occhi privi di luce sulla gente. Il Turetta spaventa e soprattutto sgomenta la gente che ha appreso come si è comportato con la sua ex dopo averla spaventata per mesi, tormentandola con centinaia di messaggi telefonici atti a terrorizzarla e a colpevolizzarla. Il parto di una mente malata che tendeva a mendicare amore, affetto e comprensione da parte di una fanciulla la cui mente era lucidamente protesa allo studio e al disegno, riversando l'affetto alla sua famiglia, già duramente decurtata della mamma Monica, che "riposa" a sette tombe di distanza dalla figlia, nel piccolo cimitero di Saonara. Ho visitato questo cimitero pochi minuti prima che i cancelli chiudessero, quando era ormai buio. Buio come il mondo privato dalla bellezza e freschezza di Giulia, che era una di quelle ragazze naturalmente portate per rallegrare l'animo umano. La basilica di Santa Giustina dove si sono svolti i funerali della sfortunata ragazza è grande e bella, e il vuoto che la caratterizza nei giorni feriali dà ai pochi visitatori  un senso di pace e come di attesa verso qualcosa di grande che finirà per accoglierci tutti. 

Ma non per questo il nostro cuore si rasserena, perché una vita stroncata nel fiore degli anni non può non instillare rassegnazione come se niente fosse. Mentre del suo carnefice si osa dire ancora che il suo è stato un momento di rabbia, e che l'ergastolo non è degno di un Paese civile. Compreso colui che spesso ospite del programma è spesso fine dicitore di frasi memorabili. Talmente fini da non avere alcun riscontro sulle nostre coscienze.   

Antonio Mecca

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