UN CRONISTA A ROMA 1
- 28 luglio 2020 Cultura
Arrivo a Roma con il treno intorno alle 14,45 di giovedì 16 luglio. Il primo impatto con la città eterna è quello di una stazione meno affollata del solito ma più complicata dal punto di vista del passaggio pedonale. Infatti sulla pavimentazione tutta una serie di frecce indica il percorso da compiere, con addetti alla sorveglianza pronti a indicare come e dove muoversi. Fuori dalla stazione Termini sono presenti vari taxi in attesa, sebbene l'impressione sia che non rappresentino il numero solito. Quasi tutti: autisti di taxi e di bus, passeggeri transitanti od occupanti i mezzi pubblici o privati portano la mascherina, spesso o quasi sempre azzurra. Gli azzurri ora sono sulla bocca di tutti, mentre prima lo erano più che altro sui piedi e sulle caviglie dei calciatori durante gli incontri di calcio della Nazionale. Il clima è buonissimo: caldo sì, ma non eccessivo, e così si manterrà per i successivi tre giorni. Nel dirigermi a piedi all'hotel prenotato con largo anticipo, noto molti altri alberghi chiusi - saranno, come dettomi dagli impiegati dell'hotel, circa l'ottanta per cento - mentre ristoranti e bar sono per la maggior parte aperti. Dopo la registrazione nell'albergo posizionato nei pressi del teatro dell'Opera, approdato alla mia camera situata al quarto piano, disfo il bagaglio e - di lì a dieci minuti - sono di nuovo in strada. Acquisto alcuni biglietti per i mezzi pubblici e salgo sull'autobus 64, che dalla stazione Termini porta alla stazione ferroviaria di San Pietro. La capacità di contenimento del mezzo è mezza, poiché buona parte dei sedili portano appiccicata l'etichetta che vieta di sedersi per poter mantenere la giusta distanza di sicurezza. Riesco a trovare un posto libero (passeggeri ve ne sono pochi) e aspetto che l'autobus si avvii. Passiamo accanto alla fontana delle Naiadi di piazza Esedra, che fronteggia l'enorme basilica di Santa Maria degli Angeli. scendendo poi dolcemente nella lunga via Nazionale, dove sulla sinistra si trova il magnifico palazzo della Banca d'Italia. Si arriva alla famosa piazza Venezia, con l'omonimo palazzo dove il capo del fascismo operò: spesso senza anestesia, per più di vent'anni. Più di recente un altro Ras: per fortuna nostra con indosso non la camicia nera Ennio Morricone, abitò in un palazzo vicino, producendo con arte e lavoro centinaia di colonne sonore e di arrangiamenti per canzoni di musica leggera. Di recente è uscita un'antologia di suoi dischi che finalmente accoglie una raccolta di canzoni scritte da altri ma arrangiate dal Maestro, quali brani di Gino Paoli e Gianni Meccia. Ecco corso Vittorio Emanuele, la lunga strada che partendo da Largo di Torre Argentina conduce fino al ponte Sant'Angelo con alla destra la mole color ocra di Castel Sant'Angelo. A sinistra si imbocca un tunnel che sbocca nei pressi di Piazza San Pietro. Io scendo proprio al capolinea, nella piccola stazione di San Pietro, per poi salire su un'altra 64 e scendere di lì a poco nella vicina via Delle Fornaci, a fianco del teatro Ghione gestito per anni dalla grande Ileana Ghione, donna splendida e attrice magnifica. Riesco ad entrare nella Basilica di San Pietro, e ad aggirarmi al suo interno, grande e bellissimo e generoso di emozioni. I turisti non mancano, sebbene pochi rispetto ad altri anni. Penso all'attuale Papa, che mesi fa procedendo sotto la pioggia salì fino all'ingresso della Basilica per parlare ai fedeli e non solo a loro. Non dimentichiamo questa figura ieratica, la quale ha chiesto aiuto a Dio e invocato la sua grazia affinché tutto finisca al più presto. E quando tutto questo finalmente finirà, chi rimasto sarà, pensi a tutti coloro che si sono prodigati per curare i malati e alleviarli delle loro sofferenze. E pensi anche, con triste ironia, a tutti quegli stupidi cartelli "Andrà tutto bene" messi in circolo e che proprio in un circolo: di ricreazione senile, avrebbero dovuto restare.
Antonio Mecca