VITA DI UN MEDICO 1: Gildanna Marrani

Può riassumere cosa ritiene di avere dato alla collettività nella sua quarantennale carriera di medico?

Sono un medico che ha sempre fatto un lavoro centrifugo partendo dall’interno dell’essere umano e dalla sua interiorità per aiutarlo a risolvere i problemi di natura fisica, clinica e psicologica. Mi sono sempre concentrata sulla persona che mi chiedeva aiuto e attraverso l’empatia e la conoscenza sono riuscita spesso a comprendere anche la causa del disagio mentale e psichico che può avere interferito sulla salute creando la malattia. Credo di essere riuscita ad aiutare e soccorrere i miei pazienti e tutti coloro che mi hanno avvicinato. Ho cercato,attraverso l’esercizio della mia professione sanitaria, di servire quella parte della collettività con la quale sono entrata in contatto curando non solo la malattia fisica ma l’individuo nella sua complessità. Quei membri della collettività che, sofferenti, sono entrati in contatto con me, ho voluto ausiliarli compartecipando alle loro esigenze sanitarie.

Secondo lei c’è un segreto spirituale per diventare un buon medico?  O è solo questione di un tenace studio?

Il segreto è “Conosci te stesso” e seguire la tua vocazione. Essere medico è solo una vocazione e devozione verso l’aiuto agli altri sostenuto da una ottima preparazione scientifica. Occorre vocazione e tenacia nello studio. Il buon medico è colui che possiede una buona lucidità di pensiero, un’ intuizione accompagnata da una mente forte e scientificamente preparata.

Ora che è in pensione, quali obiettivi medici e psicologici vorrebbe raggiungere con coloro che chiedono il suo aiuto?

Ho già risposto alla precedente domanda: aiutare le persone a ritrovare l’equilibrio fisico perso per la malattia e vederli felici perché ciascuno secondo i loro talenti e inclinazioni individuali ha diritto di seguire e realizzare i propri sogni in qualunque settore della vita: io potrò aiutarli a scoprire i loro talenti e a dare quella energia e fiducia per perseguirli e realizzarli superando ostacoli e difficoltà, perché tutto è difficile ma nulla impossibile se si mettono intelligenza e fantasia.

Lei è un medico internista e pediatra di Milano. Ha scritto un libro di interviste a grandi nomi della medicina  “Le confessioni dei camici bianchi”, come conseguenza della passione per la sua professione o per conoscere chi ha fatto grande la scienza medica.

Entrambe le motivazioni: passione per la medicina e scavare nella psiche di chi ha reso grande questa scienza imperfetta che ricerca l’equilibrio di un organo malato, operazione assai affascinante

  1. Tra le numerose personalità della medicina da lei intervistate, con chi si è più identificata e perché?

Nella mia vita ho avuto molti maestri ma non sono mai stata discepola di nessuno quindi non potrei dire di essermi  identificata con qualcuno di questi  grandi  medici . Posso dire che li ho ammirati tutti per le loro peculiarità differenti  le une dalle altre . Ho ammirato il coraggio della Montalcini, la tenacia e l’intuizione di Mendel  Tuchmann, l’anticonformismo,la leggerezza dell’Essere e la creatività di Daniele Bovet - lo scopritore dei farmaci sulfamidici -. lo spirito libero e di avventura di Guerra,l’egotismo e un pò di follia e arte di Azzolina e così via. Tutti mi hanno lasciato una impronta indelebile e indimenticabile.

  1. Nelle risposte dei suoi intervistati ,tra i quali diversi  premi Nobel, ha riscontrato più empatia - dote indispensabile ad un professionista medico – o più ambizione e narcisismo?

Sia empatia che ambizione intesa non come interesse ad esaltare il proprio Ego e a pensare al proprio interesse e benessere,ma quell’ ambizione che è desiderio di arrivare alla Verità della sua ricerca per migliorare il benessere e la vita di tutti. Tutti gli scienziati intervistati hanno lavorato, ovviamente, anche per essere socialmente molto riconosciuti, stimati: credo che, alla fine, qualche traccia di ego abbia comunque serpeggiato nella psiche di questi medici.

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