VIVERE LA BELLEZZA QUANDO LA INCONTRIAMO

Il film "La grande bellezza" che fece guadagnare al suo regista Paolo Sorrentino l'oscar 2014 per il miglior film straniero, rappresenta una sorta di remake de "La dolce vita" di Federico Fellini, realizzato nel corso del 1959 e distribuito nelle sale italiane nel gennaio del 1960. Anche qui il protagonista Jep Gambardella, è un giornalista di successo che però avrebbe preferito continuare sulla via del romanzo così come aveva iniziato, ma che poi si è perso per strada e non ha più abbandonato quella più facile del gossip dei giornali di culto presso un'area molto capiente di gente curiosa di pettegolezzi. Così Jep si perde in feste, festicciole, raduni dove tiene banco e in apparenza vince, mentre invece è un certo tipo di società a sbancarlo e a lasciarlo con le ossa rotte. Lui vive in prevalenza di notte, per poi rincasare all'alba e dormire la mattina. Roma, la città che lo ospita da molti anni, la vede e non la vede, non comunque con lo sguardo pulito di un un uomo integerrimo. La corruzione romana che Flaiano definiva un vizio che finisce in quella società per diventare un'abitudine in Gambardella è vista e tollerata ormai da tempo. La grande bellezza è Roma a offrirla, ma il mondo dei Jep Gambardella è privo di spessore perché vuoto e corrotto. Cerca nel vizio ormai codificato una ragione d'essere, e non si accorge che la grande bellezza è immediatamente fuori che si trova, perché Roma oltre che capitale d'Italia è capitale anche del bello. Basterebbe vagare per la città, percorrendone le vie, i quartieri, le piazze, i giardini per assorbirne gli umori e filtrarne l'essenza. Ma noi esseri umani siamo complicati, e forse solo fra le persone semplici possiamo trovare una risposta al perché dell'esistenza. Nel film vi sono alcune sequenze felliniane, fra le quali quella della pittrice bambina che tolta ai suoi giochi si arma di barattoli di vernice e li scaglia con rabbia sulla tela gridando e imbrattandosi tutta è forse la più vicina alla sensibilità del regista riminese. Solo che quello che in lui era spontaneo, qua sa di astutamente artefatto. 
Dà invece non poco fastidio l'episodio nel quale si vede una suora centenaria che somiglia molto a Madre Teresa di Calcutta che viene definita santa e che a un certo punto scompare dalla villa nella quale era ospitata, e il personaggio interpretato da Carlo Buccirosso mentre la cerca la chiama: "Santa; Santa! Dove si è cacciata, sta' str...?". 
Verso la fine del film Gambardella, che ormai ha 65 anni, comprende che non ha più molto tempo davanti a sé per cercare di realizzare qualcosa di buono, per cui decide di riprendere a scrivere per realizzare un nuovo romanzo. Questo poco dopo avere ricevuto la visita del marito di Elena, sua vecchia fiamma della quale da giovane si era innamorato. Elena è morta, e ha lasciato un diario dove ha parlato dell'amore provato in gioventù per Jep. E Gambardella a sua volta non l'ha mai dimenticata. 
Ho avuto modo di incontrare a Roma Luciano Virgilio, l'attore che ha interpretato il vedovo di Elena, e che nella realtà è stato il primo marito di Paola Gassman con la quale ha messo al mondo una figlia, e il secondo di Anna Maria Guarnieri. La neo coppia abita in un appartamento nei pressi di Campo dei Fiori e non lontano da Piazza Navona, forse la piazza più bella di Roma. Luciano Virgilio è nato a Udine nel 1943 ma sin dai primi anni '60 si è trasferito a Roma, dove ha lavorato molto per il teatro e per la televisione ma poco per il cinema, tanto che Sorrentino leggendo il suo curriculum gli chiese come mai avesse interpretato così pochi film. "E che ne so?", fu la sua risposta. "Se non mi chiamate...".
Il film "La grande bellezza" ha raccolto alla sua uscita: 2013, critiche discordanti. Per alcuni è un capolavoro, per altri un film sopravvalutato. La regia di Sorrentino è però buona, e da ammirare c'è la sua abilità nel muovere la macchina da presa, in ampie pennellate che soprattutto nel finale si scatenano come volatili liberati. Da notare nel film la presenza di Carlo Verdone e di una Sabrina Ferilli che forse volutamente risulta una donna dal volto meno bello di quanto non appaia in Tv nelle sue partecipazioni televisive. 
"La grande bellezza" se nel suo illustre precedente felliniano testimoniava del cambiamento di una società allora in atto, che ha lasciato da poco la vita rurale per gettarsi a capofitto nel boom economico, picchiando così la testa e procurandosi bernoccoli vari tra i quali quello per gli affari ma di certo non quello per la poesia e della sensibilità, in questo film che segue il primo a distanza di mezzo secolo persino quel mondo sfatto e depravato è da rimpiangere più che da compiangere, e c'è come un grande vuoto da riempire che l'attuale pandemia ha reso ancora più aberrante. Noi siamo soliti giudicare un'opera a seconda non solo della sua uscita, ma anche del momento in cui ne usufruiamo. 

Antonio Mecca

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