STORIA ‘SEGRETA’ DEL TEMPIO DELLA MUSICA E DEL SUO MONDO
- 07 dicembre 2019 Curiosità
Edizione esclusiva per Assoedilizia
Sul Teatro alla Scala sono stati scritti tanti libri, ma questa
storia ‘segreta’ delle imprese, degli appalti e della vita
amministrativa è un libro nuovo. “Le Carte della Scala. Storie di
impresari e appaltatori teatrali 1778-1860” di Remo Giazotto, prefazione
di Giampiero Tintori, 71 illustrazioni a colori e in bianco e nero,
Giampiero Casagrande editore Lugano-Milano, ci introduce in un mondo che
non si presenta alla ribalta, ma che ha partecipato, non in secondo
piano, alla storia del melodramma.
L’autore propone un’ampia scelta di documenti, in gran parte inediti e
rari, tratteggiando figure e avvenimenti che animarono la vita teatrale
milanese negli anni da Maria Teresa all’Unità d’Italia. La vicenda, che
potrebbe sembrare a prima vista arida ragioneria - narrata da un
musicologo di acuta sensibilità - ci dà invece il peso di tutti problemi
e i fermenti che popolarono gli avvenimenti.
Se a Giazotto la cultura musicale italiana deve non poco, se non
altro per alcune opere che hanno interpretato e definito criticamente
musicisti rimasti in ombra quali Tomaso Albinoni e Alessandro Stradella o
compositori come Ferruccio Busoni, anche il non cultore troverà
godimento sulla storia del Teatro Ducale e sulla costruzione, dopo
l’incendio, dei successivi teatri alla Scala e Cannobbiana: ed è davvero
interessante la proposta di quel “lungo corridoio” (come quello del
Vasari a Firenze da Palazzo Pitti alla Signoria) che avrebbe dovuto
collegare direttamente gli appartamenti reali con la Cannobbiana; oppure
leggendo gustose cronache come quella di un gruppo di giovani del
popolo, trasandati, che – pagato regolarmente il biglietto – entrarono
nella grande sala delle danze dove varie dame del gruppo austriaco si
intrattenevano con ufficiali e alle quali i giovani ardirono chiedere di
ballare. Ne nacque una rissa furibonda.
“Le Carte della Scala” è l’inusuale strenna di Natale di Assoedilizia
per gli amici musicofili e non. Una strenna che vuol essere un omaggio
al Tempio mondiale della musica lirica.
Così presenta il volume e il suo autore il presidente Achille Colombo
Clerici, anch'egli cultore della musica che è linguaggio,
comunicazione, arte, primo ed unico messaggio universale.
***
Il Barbaja, famoso impresario teatrale, legato alla storia dell’opera
lirica dell’Ottocento e sponsor dei più grandi compositori dell’epoca,
da Rossini a Donizetti, a Bellini, negli anni dell’Impero napoleonico si
arricchì notevolmente gestendo il ridotto della Scala, dove, come
costume, regnavano il buon vivere eno-gastronomico, per usare un termine
dei nostri giorni, e il gioco d’azzardo. Era un uomo abituato a
lasciare il segno. E con i proventi della sua attività, collaterale alla
musica, edificò a Milano il Palazzo Rocca Saporiti. Proprio nel bel
mezzo di quella che allora era la via principale dei fasti napoleonici:
corso Venezia. I miei coetanei lo hanno in mente come la sede del
Partito Liberale Italiano.
Poi Domenico Barbaja, a seguito di traversie varie, si trasferisce a
Napoli dove gode delle grazie del celebre soprano Isabella Colbran,
sinché Rossini non gliela soffia da sotto il naso. Domenico non fa una
grinza e rimane, in nome della musica, amico del grande Pesarese fino a
Parigi ed oltre. Una vita degna di un romanzo vero e proprio. Ma non fu
probabilmente il Barbaja a ispirare l’autore nella scelta del tema di
questo libro che ci accingiamo a leggere.
Remo Giazotto era un musicologo e compositore romano animato da
un’enorme passione per la musica. Soprattutto quella dei compositori
veneziani del Settecento.
E, si sa, talvolta la passione acceca, ma soprattutto proietta nel
mondo della fantasia. Giazotto studia e s’invaghisce di Tomaso Albinoni
nel cui nome, nel 1958, presenta l’Adagio in sol minore, affermando
trattarsi della ricostruzione di un brano musicale del compositore
veneziano, resa possibile dal ritrovamento di frammenti di spartiti
reperiti fra le macerie belliche della Biblioteca di Dresda. L’Adagio
diviene subito leggendario. Qualcuno addirittura contesta si possa
attribuirlo proprio ad Albinoni: ma questa sarebbe una ragione di
maggior merito. In quegli anni Giazotto, occupandosi di Venezia e della
sua musica, si imbatte nel più celebre tra gli impresari, che svolse
questo ruolo sia pure per un limitato periodo della sua vita. Ne rimane
folgorato. Si tratta proprio di Don Antonio, il prete rosso, l’autore
del Cimento dell’armonia: del quale avrebbe scritto, qualche anno dopo,
la biografia. Giazotto, che di musica ne capiva, coglie tutta la
grandezza del compositore veneziano che era stato addirittura fra gli
ispiratori di Johann Sebastian Bach. Ma soprattutto ne coglie lo
smisurato amore verso la musica e il suo mondo, la grande statura
culturale e umana e la spiritualità.
Un giudizio illuminante sulla profondità religiosa e teologica
dell’opera vivaldiana possiamo ricavarlo dall’ascolto della settima
cantata del Gloria “Domine Fili Unigenite Jesu Christe” che porta la
musica a rappresentare, nel suo senso assoluto, l’essenza della
cristologia.
Da qui passa la lettura di tutta l’opera musicale di questo Genio veneziano.
Tutto questo non l’aveva capito il pur colto e grandemente
considerato avvocato Carlo Goldoni “prestato” alla letteratura.
Grandissimo commediografo, spirito brillante e raffinato; ma di
musica...
Se, passeggiando per Venezia, ti spingi fino a Riva degli Schiavoni,
dove c’è il Danieli, lì, a fianco dello storico albergo, sul muro
dell’edificio d’angolo, vedi campeggiare una lapide: “In questo luogo
sorgeva la cappella musicale del Conservatorio della Pietà dove il genio
di Antonio Vivaldi, allora non pienamente compreso, operò quale maestro
di concerti dal 1703 al 1740, donando a Venezia e al mondo
l’incomparabile ricchezza della sua musica di cui ‘Le Quattro stagioni’
sono il fiore e il suggello. Il suo tempo è venuto”.
Le idee ti si affacciano alla mente. E pensi, come solo può fare il
passeggiatore solitario che si aggiri per le calli della città.
Se c’è una musica che richiami l’umanità, le persone, la folla, la
calca direi, questa musica è quella di Vivaldi. Perché vive dentro la
gente, come dentro la gente viveva il suo compositore: sacerdote che
amava il teatro musicale nella sua mondanità, nella sua carnalità,
possiamo dire; tanto da arrivare a esercitare per un certo tempo il
“mestiere” di impresario teatrale.
Apparentemente una sorta di contraddizione tra la dedizione alla
spiritualità, richiamata dalla vita sacerdotale, e le cure quotidiane
imposte dall’impegno operativo derivante dalla gestione di una compagnia
di teatro: in un’epoca peraltro, il Settecento, in cui tale esercizio
non poteva certo definirsi esemplarmente edificante.
In una visione poco attenta: un conflitto insanabile cui si deve
forse quell’incomprensione per il grande maestro, da parte dei suoi
contemporanei, alla quale allude la targa sul muro della casa veneziana e
che il Goldoni racchiude nel suo giudizio, contenuto nei Memoires, che
consegna alla posterità, per più di centocinquant’anni, la figura del
“Prete Rosso, per la capigliatura che aveva un tal colore. Più noto per
tal soprannome che per quello della sua famiglia. Questo ecclesiastico,
eccellente suonatore di violino e compositore mediocre...”.
Giazotto questo giudizio l’aveva presente; ma ciò non gli aveva
impedito, al di là del fatto che il compositore veneziano, trascinato
dalla sua passione per la musica, si fosse dovuto arrangiare anche nel
difficile mestiere dell’impresario di teatro, di valutare l’immensa
portata dell’innovazione musicale vivaldiana.
Suggestioni tutte che questo libro e la sua tematica mi ispirano.
Lettura interessante, documentale, che rappresenta, rievoca e
ricostruisce la storia di persone, fatti che stanno dietro quella musica
che, quando l’ascoltiamo, ci stupisce e ci rapisce e par che nulla
abbia a che fare con le terrene cose.
Una storia che viceversa ci fa capire quanto la musica sia cosa
umana, talvolta creata dagli uomini per sopravvivere. Ma al tempo stesso
anche quanto possa esser nobile ed elevato lo spirito dell’uomo che in
essa si esprime.
Achille Colombo Clerici
Milano, 7 dicembre 2019
Foto:
- "Gli Orti de La Scala" nella omonima piazza - Celebrazione del Cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci.
- Oratorio-Refettorio di San Clemente a Venezia