CORONAVIRUS, PERCHÉ LA POLITICA MONETARIA NON FUNZIONA
- 12 marzo 2020 Perle di Finanza
di Folco Portinari*
Sono
tornato, cari lettori di VivereMilano. Che dire: solo i meno giovani
tra noi sapevano che cosa significhi quel che sta succedendo in questi
giorni in Italia. Lo sapevano ma forse se lo erano scordato. Era dai
tempi della guerra che non si respirava un clima come questo. Certo,
allora fu peggio. Ma anche oggi mette tutti a dura prova. Sperem
(speriamo).
Una considerazione che vorrei fare oggi, 12 marzo,
giorno in cui si è riunito il board della Banca centrale europea (Bce),
riguarda proprio la politica monetaria. Cioè quel totale di misure che
riguardano la moneta in circolazione e il suo costo, oggi in mano
appunto all'istituzione guidata da Cristine Lagarde, successore di Mario
Draghi.
Si era mossa qualche giorno fa la Federal Reserve, la Fed,
l'Autorità monetaria statunitense, abbassando i tassi di sconto dello
0,50% e annunciando proprio oggi misure di liquidità per 500 miliardi di
dollari. Oggi è stato il turno della BCE, che non ha toccato per il
momento i tassi (già negativi) ma ha annunciato nuova liquidità per le
banche, e quindi a cascata per le imprese. Si tratta di 120 miliardi di
euro di acquisti aggiuntivi di titoli da qui a fine anno e nuove aste di
liquidità da destinare soprattutto alle piccole e medie imprese come
pacchetto per arginare gli effetti del coronavirus. Senza entrare nella
tecnicalità, si tratta appunto di strumenti finanziari per spingere il
credito a imprese e famiglie. Ma cosi come neutri sono stati gli effetti
della Fed, cosi negativa è stata la risposta dei mercati, cioè della
Borsa italiana, con una seduta drammatica: -17% in un sol giorno.
Perché? Non è difficile da capire.
Con
una economia italiana in letargo forzato e una europea che rischia di
esserlo tra pochi giorni, c'è poco da stimolare. Per quanto riguarda
l'Italia, occorre aspettare che il numero dei contagiati inizi a
diminuire. Cosa che avverrà dicono gli esperti a metà marzo. E poi che i
negozi riaprano. Ad aprile. Sperem (speriamo).
Di trattati di
politica monetaria son pieni gli scaffali; di capitoli su come
affrontare una pandemia nel mondo occidentale, neanche l'ombra. Dalla
fine della seconda guerra mondiale, di pandemie ce ne sono state, in
Africa ad esempio (Ebola). Con effetti devastanti in termini di vite
umane. Ma il mondo occidentale, diciamo la verità, si sta dimostrando
fragile. E superficiale: mi riferisco all'inerzia di Paesi come Spagna,
Germania e Francia. Il rischio europeo è che entro dieci giorni migliori
la situazione in Italia, e il nostro Paese venga scavalcato con agilità
nel numero di contagi totali da questi 3 Paesi, appunto. Troppo e
troppo a lungo fermi nell'adottare misure per arginare la diffusione del
famigerato Covid-19. We shall overcome, cantava mezzo secolo fa Joan
Beaz, musa di Bob Dylan. Si traduce: ce la faremo. Sperem.
*Un attento osservatore dei fatti economici dei nostri tempi si cela dietro i il nom de plume del banchiere fiorentino del XIII secolo, padre di Beatrice, musa ispiratrice di Dante Alighieri