COVID 19 E L'ECONOMIA NELL'UNIONE EUROPEA
- 03 aprile 2020 Perle di Finanza
Riusciranno a trovare una soluzione i ministri dei 27 Stati?
Dopo la sospensione del patto di stabilità deciso dai
ministri dell’economia dei ventisette Stati UE, il dibattito di questi giorni
si concentra sugli interventi che l’Unione europea può mettere in campo per
sostenere l’economia, duramente provata dalle misure in atto per contenere
l’epidemia di Covid-19.
L’interesse è su due istituti. Il primo è il MES (meccanismo europeo di
stabilità), noto anche come fondo salva-stati. Oggetto di confronto sono le
modalità con cui mobilitare le sue linee di credito (per un ammontare di circa
410 miliardi di euro) senza incorrere nei meccanismi di condizionalità che le
attuali clausole del MES prevedono, ossia un programma di rientro dal debito e
di rigore di bilancio che il Paese destinatario delle sue erogazioni si impegna
a porre in essere.
Qui si fronteggiano due visioni: da un lato chi (Italia, Spagna ma anche
Francia), facendo leva sull’eccezionalità del momento, propone un uso
flessibile dello strumento, senza condizionalità, dall’altro c’è chi (Olanda in
testa, ma anche Germania e Austria) non ammette deroghe al funzionamento del
meccanismo.
Il secondo strumento su cui il dibattito si concentra in
questi giorni è l’emissione di obbligazioni a livello europeo, i così detti
coronabond.
L’ente deputato all’emissione sarebbe il MES oppure la Banca europea degli
investimenti.
Tali emissioni consentirebbero il reperimento di ingenti risorse a tassi
relativamente contenuti. Essendo debito garantito da tutti gli Stati UE non vi
sarebbe il problema dello spread e del conseguente circolo perverso che
attanaglia le emissioni dei singoli Stati, specie se molto indebitati.
Ma il punto è proprio qui: mettere in comune il debito tra Paesi UE.
Gli Stati del Nord, Germania in testa, hanno sempre avversato questa ipotesi,
ritenendo inaccettabile la possibilità di doversi fare carico di debiti emessi
da altri Paesi, non altrettanto virtuosi in materia di conti pubblici.
La crisi del debito sovrano del 2008 e i conseguenti
pericoli per l’euro non furono sufficienti per un’inversione di rotta. Lo sarà
il coronavirus? L’appello lanciato da Mario Draghi sulle colonne dei Financial
Times, pur senza entrare nel merito dei singoli strumenti, è chiarissimo.
La storia continua…
Il Busillis