IN ITALIA, C’È BISOGNO DI MIGRANTI (REGOLARI)
- 23 settembre 2019 Perle di Finanza
Nel corso del Forum Ambrosetti European
House di Cernobbio “Il Fatto Quotidiano” ha realizzato alcune interviste
a operatori economici - tra i quali Vincenzo Boccia, Achille Colombo
Clerici, Alberto Bombassei, Enrico Falck, Vincenzo Illy, Giampiero
Massolo, Enrico Giovannini – sulla necessità per industria e commercio
di poter contare sull’apporto di migranti, purché regolari. Secondo
l’articolo, l’Italia è l’ultima in Europa per numero di permessi di
lavoro per stranieri. Per fare un esempio: nel 2018 gli ingressi per
lavoro sono stati meno di 14.000 a fronte dei 600.000 della Polonia che
pure guida i Paesi del Gruppo di Visegrad, ostile agli arrivi stranieri.
E proprio il Gruppo di Visegrad vanta da solo il 60% degli ingressi in
UE per ragioni occupazionali.
Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia ha dichiarato:
«Non ci sono dati statistici ufficiali
sull’apporto del lavoro degli stranieri immigrati all’economia
dell’Italia, anche se alcune stime, di fonte privata, affermano che
contribuisca quasi al 9% del Pil - soprattutto con la gestione di oltre
600.000 aziende - producendo un valore aggiunto di circa 130 miliardi, e
pagando 7 miliardi di tasse e 11 miliardi di contributi previdenziali.
Secondo una ricerca di Scenari
Immobiliari uno straniero/immigrato su cinque vive in casa di proprietà,
due su tre in locazione, i restanti adottano, o sono costretti ad
adottare, altre soluzioni abitative, spesso di ripiego. Se gli immigrati
pesano sulla irrisoria disponibilità di alloggi pubblici - causa prima
di tensioni sociali tra chi poco ha e chi nulla ha - è anche da dire
che dal 2006 al 2018 compratori stranieri e immigrati sono stati parti
in scambi commerciali riguardanti 860.000 alloggi per un volume d’affari
di circa 100 miliardi.
Nel 2007 si è registrato il picco degli
acquisti (quasi il 18% del totale delle transazioni), ma la grande crisi
- con la conseguente perdita del posto di lavoro che ha colpito in
primis proprio gli immigrati, e le restrizioni alle concessioni di mutui
bancari - ha ridotto notevolmente la loro influenza sul mercato
immobiliare che oggi si attesta all’8/9% del totale delle
compravendite.
Milano guida la classifica delle dieci
province italiane dove avviene il maggior numero di acquisti da parte
degli stranieri. La Lombardia rappresenta un quinto del mercato
nazionale del settore. Il Nord Italia registra il 74% degli acquisti, il
Centro il 22, il Sud, isole comprese, il 4%.
Interessanti le ricadute sociali,
oltreché economiche. L’immigrato vede nell’acquisto della casa un
fattore di radicamento al territorio con il conseguente effetto di
integrazione. Se quando è in locazione a causa di un lavoro precario, e
perciò dal futuro incerto, preferisce vivere tra connazionali, in caso
di acquisto della casa è portato a scegliere quartieri abitati in
prevalenza da italiani.
Evita in tal modo l’autoghettizzazione
che, in diversi contesti sociali ed economici, porò alla costituzione di
tante “Piccola Italia” (o Irlanda, Polonia, per dire) in molti Paesi,
anche europei, di forte immigrazione.
In conclusione, sembra logico affermare
che pure l’economia immobiliare italiana abbia bisogno di lavoratori
immigrati, non solo per attività di bassa-media qualificazione. Tale
immigrazione può essere regolata attraverso procedure di selezione nei
Paesi di origine e corridoi legali per l’arrivo degli immigrati nei
Paesi europei, anche ai fini del loro inserimento in un circuito
virtuoso di lavoro.
È questo l'obbiettivo del Global Compact
for Safe, Human and Orderly Migrations, approvato alla conferenza
dell’Onu tenutasi lo scorso dicembre a Marrakech.»
Nella foto: Achille Colombo Clerici al Forum Ambrosetti di Cernobbio The European House 2019