Come e perché Giorgetti vuole portare la Lega al centro
- 06 ottobre 2020 Politica

Sfide e scenari per la Lega di Salvini.
Quale
che sia l’esito dei processi legati alle decisioni assunte da
Matteo Salvini in materia di contrasto all'immigrazione, non sarà da
questi che gli verranno grandi problemi. Anzi potrebbe anche
verificarsi che il leader della Lega ne tragga qualche vantaggio in
termini di popolarità, unità alla solidarietà peraltro scontata
dei suoi alleati. La nota dolente sembra essere un'altra. Richiamando
un celebre titolo di un settimanale britannico si può dire, sotto il
profilo politico, che Matteo Salvini si sia finora rivelato inidoneo
(“unfit”) ad assumere il ruolo di primo ministro. Non che
manchino i successi elettorali (la stessa sconfitta della candidata
in Toscana ha dato realisticamente un ottimo risultato per la Lega
anche se per altro verso lascia stupefatti la bruciante sconfitta di
Mantova) ma rimane assente la proposta politica, troppo infarcita di
elementi propagandistici e, soprattutto, che spesso si muove verso
lidi ancora ignoti se non irraggiungibili o persino pericolosi come
il semplice ipotizzare l’abbandono dell'Euro o una diffidenza
irragionevole nei confronto dell'Unione europea che per la storia
della Lega dovrebbe essere un riferimento. Per di più le “spallate”,
accreditate con grande convinzione sono funzionali alle vittorie ma
quando non si realizzano trasformano un buon risultato in una
sconfitta.
Al contrario il Pd che ha lasciato trapelare il timore
di perdere importanti regioni, (per questo anche facendo leva sul
“voto utile”) è apparso come il vincitore delle elezioni pur
essendo stato battuto in una sua tradizionale roccaforte come le
Marche. Salvini se ne dovrà ricordare per gli appuntamenti
elettorali della primavera del prossimo anno quando si eleggerà
anche il sindaco di Milano, una sfida che oggi appare in salita. È
lo stesso dibattito interno alla Lega e nel centrodestra a mettere in
luce i limiti esistenti che frenano oggettivamente il capo del
“Carroccio” in versione nazionale.
In primo luogo, come ha
rilevato impietosamente il Presidente della Liguria Toti, reduce da
un successo assai lusinghiero, un conto è essere il segretario di un
partito, un altro essere il leader (riconosciuto) di una coalizione
che si pone l'obiettivo di governare il paese. L'Italia, priva di una
memoria condivisa, tendente a dividersi radicalmente su quasi tutto,
con livelli preoccupanti di disoccupazione e differenze abissali tra
centro-nord e sud, è gravata da un enorme debito pubblico (in
crescita) che non consente più facili elargizioni assistenziali,
sistemi previdenziali in forte squilibrio o fantasiosi progetti di
riforma a “costo zero”, come quella fiscale adombrata dal governo
Conte, che durano lo spazio di un mattino.
Un'alleanza che si
propone come alternativa di governo deve avere un programma credibile
e non limitarsi a polemizzare chiedendo di volta in volta le
dimissioni di questo o quel ministro. La chiave per candidarsi a
guidare il paese, sia per uno schieramento di centro-destra che di
centro-sinistra sta nel fatto che a guidare le alleanze vi sia una
forte e politicamente autorevole forza politica (o un'aggregazione)
di “centro”che rassicuri, non solo nei toni, quello che viene
definito il ceto medio produttivo, esteso ad una larga fetta di
lavoratori subordinati che ritiene necessario il cambiamento ma che è
naturalmente ostile ad ogni avventurismo tanto più quando il futuro
è gravido di preoccupazioni.
I due schieramenti, cosiddetti di
centro-destra e centro-sinistra che oggi si fronteggiano hanno
entrambi un “centro” numericamente e politicamente debole. A
destra l’anomalia è più vistosa con Forza Italia in una
condizione di emorragia permanente. A sinistra bisogna prender atto
dell’indebolimento di Italia Viva e delle oggettive difficoltà del
Pd a gestire un’alleanza con i 5 Stelle che, ancorché in fase di
veloce declino, ricercano disperatamente una visibilità mantenendo
un forte condizionamento nei confronto degli altri partner di
governo. Certo esistono altre forze di “centro” come Azione e Più
Europa ma allo stato non sono in condizioni di costruire nuovi
scenari.
È invece proprio dalla Lega che arrivano segnali di
riflessione di cui si è fatto autorevole portavoce Giancarlo
Giorgetti partendo dalle probabili modifiche in senso
proporzionalista della legge elettorale. Pur considerando la modifica
del maggioritario un grave errore e dichiarando di convenire con il
giudizio altrettanto negativo di Romano Prodi secondo il quale solo
il maggioritario garantisce governi stabili, ha sostenuto che la Lega
“deve aprirsi a mondi che ci guardano con diffidenza e sospetto”,
aggiungendo che “se abbiamo fatto degli errori, li dobbiamo
correggere”. Ma è soprattutto sull’Europa che si annunciano
novità, sia sull'opportunità di aprire un rapporto con il Ppe, sia
di spostare il dibattito sull'uso dei fondi del Recovery Plan.
“Voglio fare debito buono, come dice Draghi. Vorrei sapere se quei
soldi vengono usati per la Next
Generation oppure
per la Present Peneration, distribuendo soldi a destra e a manca per
comprare voti. Per la Next Generation siamo disposti a discutere.”
È
evidente che queste riflessioni sono valide in quanto tali, a
prescindere dalla modifica della legge elettorale in senso
proporzionale che in realtà ha fornito un ottimo pretesto per aprire
il dibattito nella Lega che si trova ad un punto di svolta. Il
Carroccio (anche se questo simbolo forse è un po’ desueto per la
lista “Salvini premier”) non può pensare di arruolare “ope
legis” quel che rimane di Forza Italia che paradossalmente, mentre
è al suo minimo storico elettorale, sta accrescendo il proprio ruolo
politico di “centro”, né può illudersi che Giorgia
Meloni, fresca reduce dalla nomina a presidente dei “conservatori”
europei,
accetti un ruolo subalterno perenne semplicemente sulla base dei
numeri elettorali. È da queste considerazioni che prende il via il
tentativo di Giorgetti di portare la Lega “al centro”, operazione
intelligente ma che, per riposizionare politicamente la Lega deve
fare i conti con gli errori del passato.
Difficile prevedere se
Salvini vorrà e potrà guidare questo progetto, ma certo è
nell'interesse del paese che si costruiscano, a destra come a
sinistra, alleanze e aggregazioni credibili e che si legittimino
reciprocamente come forze di governo alternative.
Walter Galbusera