MARZO 1943. GLI SCIOPERI
Nel marzo del 1943 iniziarono i primi scioperi nelle fabbriche milanesi, le donne furono le prime a scendere in sciopero. Le nostre mamme e i padri, le nostre nonne e nonni superarono momenti molto difficili come quelli che stiamo vivendo; il loro esempio ci sia di sprone.
Nel marzo del 1943, operaie ed operai
nelle grandi fabbriche di Torino e Milano diedero vita al più grande
sciopero di massa durante il regime fascista. Al grido “Pane, Pace”,
rivendicarono l'indennità di carovita, l'aumento delle razioni di cibo, e
la fine della guerra. Piera Antoniazzi, operaia della Borletti,
fabbrica milanese, in una testimonianza del 1997, così ricorda il
periodo bellico: “Con l'entrata in guerra la Borletti fabbricava
spolette, sofisticati congegni per le testate delle bombe e dei
proiettili. Dopo pochi mesi fummo tutti militarizzati, uomini e donne, e
nessuno poteva lasciare il lavoro. Il primo sciopero del marzo 1943 non
fu uno sciopero spontaneo come vollero fare credere i fascisti ai loro
gerarchi ma frutto di una lunga preparazione di una piccola cellula
antifascista presente in fabbrica che trovò terreno facile nel
malcontento, nella disperazione e nella rabbia degli operai. Nei reparti
dove la maggioranza erano le donne furono loro le prime ad abbassare le
leve dei quadri dei comandi e furono sempre le donne che stettero
davanti ai quadri per impedire ai fascisti e ai compagni paurosi di
rimettere la corrente”. “Venne in fabbrica – continua Piera – il
ministro Cianetti con le sue guardie del corpo e ci esortò a finire lo
sciopero (durava da 6 giorni) ma, davanti al nostro rifiuto, ci
minacciò, ci chiamò traditori perchè pugnalavamo alle spalle i tedeschi;
una salva di fischi lo fece smettere. Eravamo in un grande cortile
all'interno dello stabilimento, i reparti erano vuoti, ma dal terrazzo
piovvero centinaia di manifestini contro la guerra e contro i fascisti.
Erano le ragazze del volantinaggio che facevano il loro lavoro. Il
Ministro se ne andò minacciandoci tutti. Lo sciopero finì. I delegati
del reparto ottennero dalla direzione una piccola somma di denaro e un
sostanzioso miglioramento del pasto in mensa, che per molti di noi era
l'unico pasto caldo della giornata”.
Dal mensile Milanosette della EDB Edizioni