DONNE DIMENTICATE, FINO A QUANDO?
- 11 luglio 2020 Cronaca
Non si è ancora spenta la notizia a Milano dello sfregio alla statua del giornalista Indro Montanelli, reo di aver comprato una minorenne eritrea di 12 anni e di averla formalmente sposata durante il regime fascista. Contemporaneamente si è saputo di una raccolta di firme per chiedere al Comune di dedicare una statua a una famosa traduttrice genovese, Fernanda Pivano, che ha trascorso gran parte della sua vita a Milano e per la quale la sua città di origine finora non ha dedicato nulla. Quante donne importanti e degne di essere ricordate sono assenti nella toponomastica dei nostri paesi e delle nostre città? Direi: troppe e ancora una volta si dà la preferenza a soggetti maschili, come lo è sempre stato nella storia, nelle varie espressioni artistiche,letterarie, scientifiche e di impegno sociale e politico . Per superare il gap di genere nella toponomastica si sta prodigando da anni Maria Pia Ercolini, una ex insegnante di geografia, che nel 2014 ha fondato l’associazione “Toponomastica Femminile” in cui collaborano 200 ricercatrici associate. Fino a oggi queste ricercatrici hanno mappato quasi tutti gli oltre 8 mila Comuni italiani indicando per ognuno “l’indice di femminilizzazione”, confrontando cioè il numero di strade intitolate a uomini e quelle intitolate a donne. Si distinguono tra le prime città Napoli, Palermo, Genova, rispettivamente con indice di femminilizzazione di 16,69%, 11,18%, 10,18% . La media di questo indice in Italia è di circa 8%, il che vuol dire che su 100 strade che portano il nome di un personaggio maschile solo 8 hanno quello di una donna. Complessivamente le citazioni viarie nel campo femminile per il 50% riguardano nomi di principesse e regine, ma soprattutto di sante e madonne. La pratica di titolare una strada o un altro luogo pubblico, spiega Ercolini “ha un valore simbolico, il nome che scegliamo per un luogo rappresenta un modello che vogliamo diffondere nella nostra città. La toponomastica diffonde cultura, per questo è importante che le ragazze e i ragazzi, quando girano per la città, trovino il nome di persone della cultura, delle scienze, della politica . Figure che possano ispirarli”. Per favorire il processo di femminilizzazione Toponomastica Femminile oltre a monitorare la situazione attuale chiede ai Comuni un aggiornamento dello stradario “ma la risposta è molto bassa”, avverte Ercolini, “perché le amministrazioni non hanno lo stradario aggiornato o perché c’è una difficoltà a censire”. Da ricordare che nei Comuni che si rispettano esiste una Commissione che propone i nomi delle intitolazione stradali, a cui però ogni cittadino può contribuire con un suo suggerimento. Chi decide alla fine è il sindaco dopo l’ autorizzazione del prefetto. Per quanto riguarda Milano ci sono quasi 300 vie e luoghi pubblici dedicati alle donne, tra cui ultimamente: una piazzetta nel quartiere periferico di Muggiano all’agente di polizia Emanuela Loi e a Francesca Morvillo moglie di Falcone, un ponte di pietra sul Naviglio Grande ad Alda Merini, dei giardini pubblici a Renata Tibaldi e alla musicista Maria Teresa Agnesi , sorella della grande matematica Gaetana. Si prevede di dedicare nel 2021 la fermata della nuova metropolitana blu alla prima donna pilota, che era anche milanese. Una battaglia pacifica di questo genere è fatta dalle restauratrici Ilaria Laise e Cecilia Gnocchi,che nella nostra metropoli si prendono cura delle lapidi delle partigiane col progetto RAM (Restauro Arte Memoria) e sono protagoniste del documentario “Partigiane 2.0, La libertà ha sempre 20 anni” . Sempre a Milano da 10 anni l’Assessorato alla cultura che ha anche il compito delle titolazioni delle strade tenta di colmare lo squilibrio di genere alternando volta per volta il nome di un personaggio maschile con uno femminile. L’amministrazione di Napoli è andato oltre: per ogni intitolazione a uomo ne prevede una in più per una donna . Pur con questo e altro ulteriore impegno è stato chiesto a una delle associate della Toponomastica Femminile: “Quando sarà possibile raggiungere la parità con gli uomini anche in toponomastica?”. “Ci vorrà ancora, almeno un altro secolo” è stata la risposta.
Luciano Marraffa