ALTROVE
- 01 luglio 2020 Cultura

Un silenzio soprannaturale regnava in quel luogo.
La leggera muta integrale che ricopriva lui e il suo sparuto gruppo di sopravvissuti era un baluardo efficace alle presenze impalpabili e tossiche
che pervadevano tutto l'ambiente intorno.
Automaticamente sistemò la visiera che gli copriva il viso e che non
aveva bisogno di essere sistemata.
Avevano sperato che all'interno delle zone di contenimento qualche sopravvissuto avrebbe risposto ai loro richiami. Ma il silenzio era stata
l'unica risposta.
Corpi abbandonati qua e là punteggiavano compostamente il suolo in vari
stadi di decomposizione. Anche gli animali selvatici si tenevano lontani da
quei possibili bocconi.
Si ritirarono portando con loro la sensazione di vuoto e impotenza. Nelle maschere, attraverso la comunicazione radio, singhiozzi soffocati
scandivano l'incredulità percepibile.
In fila, in silenzio, si diressero verso i furgoni in loro attesa e partirono
alla volta dell'aerostazione, verso un futuro sconosciuto. Altrove.
I sopravvissuti a quella folle e imprevista pandemia che bruciava i polmoni bloccando il respiro, con un tasso di mortalità altissimo, si radunarono e vennero contati mentre passavano attraverso tornelli obbligatori.
Erano un gruppo omogeneo di maschi e femmine di varie etnie, in età fertile
e in buona salute documentata da esami rigorosi. I vecchi erano stati scartati
a priori e anche i piccoli non facevano parte dei prescelti: non avrebbero sopportato le difficoltà del trasferimento. Le donne, rigorosamente, non dovevano essere incinte.
La selezione era stata dolorosa ma indifferibile. Un detto antico consigliava di fermare le cascate quando erano ancora ruscelli. Ma il suggerimento non era stato ascoltato. La pandemia era stata sottovalutata.
Dopo un primo periodo di contenimento l'euforia per l'apparente controllo ottenuto, aveva lasciato spazio a un rinnovo incontenibile dei contagi. Con esiti e diffusione catastrofici.
Nel corso degli ultimi due secoli la popolazione mondiale era regredita
numericamente a livelli preistorici. Le ricerche scientifiche vedevano
fallire tutti i tentativi di creare un vaccino valido per tutti. La capacità di mutazione del virus annullava ogni esperimento. Il futuro dell'umanità
non offriva molte speranze di sopravvivenza.
A fatica era stato possibile raggiungere i pochi insediamenti in cui il morbo
non aveva attecchito o dove era passato lasciando anticorpi stabili e che
venivano protetti con strenue difese. I pochi abitanti erano stati trasferiti su
mezzi di contenimento biologico nei centri di osservazione e studio.
Dei ghetti per privilegiati, serbatoi in cui venivano selezionati elementi
per salvare il salvabile della razza umana.
Contemporaneamente allo studio per un vaccino efficace, erano stati
portati avanti studi sulla possibilità di ricreare altrove condizioni valide
per la vita umana.
Altrove inteso proprio fuori dalla terra, su un altro pianeta.
La Luna, Marte... e altri ancora, bypassando le difficoltà temporali del
necessario trasferimento. L'ipotesi folle di entrare in un buco nero e uscire
altrove.
Tentativi dispendiosi in termini di vite e impegni economici si erano succeduti
uno dopo l'altro. Fisici, ingegneri spaziali e creativi folli, erano stati stimolati nella ricerca di soluzioni attuabili. Il trasferimento della materia senza alterazioni era diventata l'ossessione dell'umanità, l'unica vera strada verso un futuro possibile.
Il ventesimo secolo era stato il più rivoluzionario da quando l'uomo aveva
cominciato a registrare la sua storia. Nei suoi cento anni scoperte e intuizioni geniali avevano ribaltato usi e costumi rimasti inalterati o quasi per lungo tempo. Trasporti, comunicazioni, medicina, agricoltura, tutto aveva portato
a un benessere inusitato. L'umanità aveva cominciato a vivere una realtà
in cui i disagi fisici erano sensibilmente ridotti e sembrava destinata a sconfiggere per sempre fame, malattia e povertà.
L'uomo non si era accontentato. Doveva superare le limitazioni del suo
mondo, bisognava guardare oltre e così era uscito dal suo guscio. Era
andato alla conquista dello spazio più prossimo. Aveva assoggettato alle
sue esigenze i corpi astrali più vicini, ma all'improvviso era stato piagato
da un'entità invisibile, un morbo sconosciuto che non perdonava e non si piegava.
Bisognava andare via, abbandonare al suo destino la terra che ormai era
preda della desertificazione più inarrestabile. Buco nell'ozono, scioglimento
dei ghiacci polari e nelle alte quote, cataclismi climatici sempre più virulenti, terremoti e tsunami, incendi incontenibili, estinzione di innumerevoli
razze animali, tutti i fenomeni negativi che erano stati ipotizzati a seguito
dello scriteriato sfruttamento che l'uomo aveva perpetrato scientemente e inconsciamente, si erano avverati e avevano reso il pianeta una palla sempre più devastata.
Ed era sopravvenuta questa morbilità incontrollabile. Non c'era alternativa:
bisognava abbandonarlo.
A tappe progressive la conquista dello spazio era avanzata, supportata da
incredibili esperimenti che avevano permesso di allontanarsi dalla madre
terra più in fretta e in sicurezza. Gli avamposti più arditi permettevano trasferimenti fisici veloci di tecnici e scienziati che creavano basi per
il salto successivo. Molto, molto lontano era stato trovato un pianeta che
presentava interessanti analogie strutturali con la Terra. Lentamente si era riusciti a renderlo abitabile secondo i parametri terrestri. E ora si tentava
il grande balzo definitivo per trasferire uomini, animali, vegetazione,
nel rispetto della realtà autoctona, per non incorrere in storie già vissute
di eradicazione, sopraffazione ed estinzione delle culture locali.
Sul nuovo pianeta fortunatamente non era ancora comparsa una razza predominante e quindi si erano potuti ambientare i nuovi arrivati senza
traumi sociali devastanti. Le forme di vita native si erano amalgamate apparentemente senza difficoltà con quelle importate. Il suolo sembrava
sufficientemente fertile e fertilizzabile per garantire un'agricoltura di base sufficiente ai fabbisogni dei nuovi arrivati. A ciascun nucleo veniva
garantito un appezzamento non in proprietà, ma da gestire per la comunità
in base a decisioni corali. Un nuovo "Mondo nuovo" che non doveva però
ammiccare ai precedenti esperimenti sociali che sulla Terra avevano prodotto
danni talvolta irreversibili, anzi farne tesoro per non replicarli.
Un futuro da scrivere. Questo il progetto verso cui partivano i nuovi
conquistatori.
Beatrice Barbieri